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    Coronavirus, gli altri eroi che mandano avanti il paese: “Noi corrieri vi consegniamo i pacchi ogni giorno ma rischiamo il contagio”

    Se le aziende sono subito corse ai ripari assumendo nuovi protocolli di consegna e informando i propri clienti delle misure messe in atto per tutelare la loro sicurezza, lo stesso non è stato fatto nei confronti dei rider, che rischiano ogni giorno di essere contagiati dal Covid-19

    Di Milena Rettondini
    Pubblicato il 19 Mar. 2020 alle 00:15 Aggiornato il 19 Mar. 2020 alle 15:28

    Ritmi di consegna strettissimi, dai 100 ai 150 incontri al giorno, pacchi di ogni dimensione e peso da portare da una parte all’altra della città, senza il tempo, né il luogo fisico, per prendere un caffè o andare al bagno. In questi giorni di quarantena il lavoro per i fattorini continua ad aumentare senza sosta. Si consegna di tutto, dai beni di prima necessità come medicinali e alimentari, ai vestiti, fino agli oggetti per il tempo libero tra cui giocattoli per bambini, libri, dvd e strumenti musicali.

    “Sembra Natale per la mole di lavoro – spiega Costanza Lanari, ex corriere, un marito fattorino da 12 anni, fondatrice del gruppo Facebook Vita da Corriere – ma è tutt’altro che un periodo di festa questo. La situazione per chi lavora in questo settore è oggi più che mai drammatica. Molte filiali non riescono a trovare i dispositivi di protezione individuali da dare ai propri dipendenti e quindi spesso chi consegna non ha né guanti né mascherine”. Un lavoro non facile che in questi giorni si fa sempre più complesso e rischioso.

    Credits: Milena Rettondini

    Sveglia alle 5 del mattino, appuntamento in filiale per le 6, raccolta dei pacchi e via, alla volta di una giornata di lavoro che può durare anche oltre 12 ore, per uno stipendio che varia dai 1200 ai 2500 euro al mese. Le principali aziende di spedizione che supportano i siti di e-commerce presi d’assalto da chi è costretto a casa, da alcuni giorni hanno richiesto al personale di mantenere le distanze di sicurezza con i clienti e di non richiedere più la firma per la conferma di avvenuta consegna, per evitare il contatto il più possibile. Ma questo sembra non bastare.

    “Pacchi, citofoni, cancelli, ascensori, porte: i ragazzi toccano centinaia e centinaia di oggetti al giorno e non hanno un posto dove potersi lavare continuamente le mani. Il rischio di contrarre un virus così contagioso è alto“, chiarisce Costanza, che tra le altre cose è una volontaria della protezione civile e nel suo quartiere in questi giorni sta portando la spesa ad anziani, persone non autosufficienti e anche a chi è costretto in casa per i domiciliari. “Per le consegne la protezione civile ci ha dotato di guanti e mascherine Ffp2 e Ffp3, che filtrano sia l’aria espirata che quella inspirata, proteggendo sia il potenziale infetto sia chi viene a contatto con lui. Secondo l’OMS la loro efficacia va dalle 6 alle 8 ore e devono quindi essere cambiate ogni giorno. Ad alcuni dei corrieri a cui sono state consegnate è stato detto di utilizzarle per l’intera settimana”.

    E come se non bastasse, spesso anche furgoni e magazzini non vengono adeguatamente sanificati, come si può chiaramente vedere in alcuni video postati su Facebook. Chi può permetterselo ha scelto di non presentarsi, gli altri lavorano il doppio per coprire i giri dei colleghi. C’è chi è assunto da una cooperativa e può permettersi la malattia o le ferie e poi ci sono i padroncini, chi lavora in proprio, per cui non lavorare vuol dire non mangiare. “Oltre ad avere un rischio di contagio continuo, si trovano ad affrontare anche un grande stress psicologico “, prosegue Costanza. “L’altro giorno stavo per effettuare una consegna in un condominio di Roma e mentre mi avvicinavo al portone sono usciti degli operatori sanitari che hanno portato via una persona intubata – racconta un corriere ai microfoni del Tg3 – Mi sono chiaramente tenuto alla larga, ma ci sentiamo continuamente a rischio”.

     

    Un rischio che si moltiplica giorno dopo giorno, consegna dopo consegna, senza contare gli assembramenti che si creano la mattina in magazzino per lo smistamento dei pacchi. “Abbiamo paura – dichiara un altro dipendente di un’azienda nel bellunese -, ogni giorno possiamo venire a contatto con persone asintomatiche, o peggio ancora potremmo essere noi a contrarre il virus, essere asintomatici e portarlo nelle nostre case, ai parenti anziani o agli immunodepressi. Ora più che mai c’è bisogno di più tutele”.

    Tra i vari messaggi di denuncia che Costanza riceve quotidianamente dai lavoratori anche uno screenshot dal palmarino di uno di loro. “Note per autista – si legge – il pacco deve essere consegnato all’ex Chirurgia, il destinatario è un paziente Covid-19 positivo, no consegne ai piani”. Alcune filiali hanno scelto di chiudere, altre di assicurare solo le consegne di prodotti ospedalieri e farmaceutici. “L’economia italiana è sulle spalle di questi ragazzi – ci dice Costanza –, con i negozi chiusi ora molti ordinano su internet la prima cosa che gli passa per la testa. Capiamo l’importanza del loro ruolo, nessuno chiede di fermare le spedizioni ma sarebbe giusto se anche da parte del governo si sensibilizzasse la popolazione sul tema. Basta acquisti inutili, a cosa ti serve un nuovo paio di scarpe se non puoi uscire di casa?”. “Non pretendiamo che vengano chiamati eroi, anche se per me lo sono – conclude Costanza – ma come i medici sostengono il sistema sanitario in questo momento, loro stanno sostenendo la nostra economia. Non devono essere trattati come carne da macello”.

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