Sicilia, infermiere si autoisolano nella casa di riposo: “Dormiamo per terra, per noi questo lavoro è una missione”
Perdonate la retorica, ma stavolta tocca dirlo: il cuore grande della Sicilia batte come non mai. Otto donne, asserragliate dal primo aprile scorso a Villa Gioia, una Rsa di Tremestieri Etneo (20 mila abitanti in provincia di Catania), sono fermamente intenzionate a preservare i vecchietti della struttura dall’assalto di Covid-19. Hanno lasciato le famiglie momentaneamente al loro destino e dormono su materassi piazzati ovunque, a terra, nelle sale, nei corridoi, in totale coabitazione con i 20 ospiti.
“Vanno dagli 85 ai 97 anni, quindi sono piuttosto fragili e avanti con l’età, ma al momento tutti in salute, tranne i comuni acciacchi e l’Alzheimer” dice la titolare, Antonella Bulla, che non si sottrae alla nobile scelta comune, visto che lei stessa l’ha sollecitata. “Quando abbiamo visto che la situazione in tutta Italia andava sempre peggiorando e noi eravamo ancora al sicuro” racconta a TPI “ho chiesto alle mie colleghe, che come me sono infermiere professionali, se volessero volontariamente accettare di stabilirsi qui, senza avere contatti esterni. Questo lavoro è una missione, in fondo. Hanno capito e hanno accettato, e per ora non c’è nessun cedimento nel fronte comune. Vedremo in futuro. Contiamo di proseguire l’autoisolamento finché sarà necessario. Finché dall’esterno non arriveranno notizie sufficientemente positive. Villa Gioia si sviluppa su quattro piani e la capienza totale era già stata raggiunta. Ho comprato un po’ di materassi in più che abbiamo buttato a terra, e ci arrangiamo così”.
Insieme con Antonella Bulla ci sono Nunzia Cutrona, Giuseppina Iacampo, Veronica Mirabella, Lucia Sergi, Antonina Finocchiaro, Santina Zito e Patrizia Locerto. Hanno fra i 30 e i 63 anni, e non sono tutte single, come si potrebbe pensare. “Anzi. Molte di noi hanno marito e figli, alcuni anche minori. Non è certo una scelta facile, quella che abbiamo fatto. Per niente. Dovranno cavarsela da soli per un po’ e per ora ce la stanno facendo” prosegue Antonella. “D’altra parte questa è una guerra, un’emergenza unica e vera. E con questo spirito va vissuta. Anche mia sorella manda avanti una Rsa qui nella zona, ma lì si sono verificati un sacco di casi, praticamente la totalità. Riscontrati finalmente dopo il tampone fatto al seguito dell’aggravarsi di alcuni degenti. Qui tutto bene per ora, e noi ci auguriamo di non essere tra i positivi asintomatici. Ovviamente abbiamo chiesto di essere sottoposti a tampone, insieme gli ospiti: ho scritto a tutti, ho mandato Pec ad autorità politiche e sanitarie, ma niente”.
Un particolare degno di nota è che, essendo una comunità isolata, all’interno di Villa Gioia le infermiere operano senza mascherine. “Per forza” dice Bulla “sono praticamente introvabili. Abbiamo richiesto anche quelle, senza risultato. E d’altra parte quelle chirurgiche come protezione fanno ridere. Anche da questa carenza oggettiva di Dpi discende la scelta che abbiamo fatto, che definirei di responsabilità. Le visite dei parenti le abbiamo vietate del tutto dalla fine di febbraio, e già da metà febbraio usavamo tutte le accortezze possibili”.
Ma il primo aprile le porte del fortino si sono chiuse, e lì dentro la vita scorre placida, fra lavoretti manuali e tanta cucina. “Oggi, Venerdì santo, facciamo tutti insieme per Pasqua i biscotti con l’uovo sodo” dice Antonella “ma non mancano mai anche le ciambelle e le tipiche schiacciate siciliane. Le nonnine sono felici e intanto ascoltano Al Bano e Romina. Per il rifornimento dei viveri, abbiamo fatto una grande scorta prima di chiuderci qui dentro. Ma se ci sono necessità più o meno per il cibo, le medicine e il pane, per esempio, arriva qualcuno dall’esterno e passa tutto dal cancello a una persona con guanti e mascherina. Quel che entra lo disinfettiamo, e si va avanti così. Finché sarà possibile. L’umore alto non manca. Ieri le mie colleghe mi hanno mandato su Whatsapp un video dove tutte insieme cantano l’Inno di Mameli”.