Coronavirus, il video di Confindustria Bergamo
Il 28 febbraio, a pochi giorni dalla diagnosi del primo caso di Coronavirus a Codogno, quando altri casi erano stati confermati anche nella bergamasca – che di lì a poco sarebbe diventata l’epicentro del contagio in Italia – Confindustria Bergamo ha diffuso sui suoi canali un video-messaggio per rassicurare i partner internazionali sul “basso tasso di contagio” dell’epidemia, e sul fatto che le attività industriali sarebbero continuate al ritmo di sempre. “Bergamo is running”, è il titolo del video, diffuso per lanciare insomma un segnale positivo ed evitare che la fitta rete di attività industriali subisse un rallentamento a causa dell’epidemia.
“Comprendiamo che siate preoccupati per i potenziali rischi del Coronavirus, ma abbiamo un importante messaggio per tutti voi dalla Lombardia. Oggi viviamo un mondo globalizzato: vuol dire che a problemi globali possiamo dare solo soluzioni e risposte globali. I casi di Coronavirus sono stati diagnosticati in Italia come in molti altri Paesi, e al momento il nostro governo e le nostre amministrazioni hanno stimato che il rischio che il virus si diffonda è basso, e abbiamo adottato immediatamente misure protettive per prevenire i nuovi casi”, recita il video. “Apprendiamo dai media che il mondo guarda con timore all’Italia, ma l’alto numero di contagi dipende dal fatto che rispetto ad altri Paesi stiamo effettuando più test. Ma vogliamo rassicurare i nostri partner: le operazioni stanno tutte andando avanti, come sempre, al ritmo di sempre. Confindustria Bergamo ha messo in piedi un crisis management team per gestire la crisi e monitorare continuamente i rischi, supportando le nostre aziende quando necessario. Continueremo a condividere con voi aggiornamenti”.
Il fatturato annuale delle circa 376 aziende attive nei comuni della bergamasca, in cui lavorano quasi 4mila lavoratori, è pari a 680 milioni. Rallentare le attività avrebbe avuto un costo troppo alto. In un’intervista rilasciata a noi di TPI nell’ambito dell’inchiesta in più parti sulla mancata chiusura di Alzano Lombardo e Nembro, Marco Bonometti, leader degli industriali lombardi, ha raccontato di essersi confrontato con la Regione durante i primi giorni di marzo sulla possibile chiusura dei comuni in provincia di Bergamo, e dichiarato che “non si potevano fare zone rosse e “non si poteva fermare la produzione”.
L’opposizione di Confindustria ha contribuito alla decisione di non istituire una zona rossa nei due comuni, raccomandata invece da una nota dell’Istituto superiore di sanità (ISS) già lo scorso due marzo (nota che noi di TPI abbiamo reso pubblica in esclusiva). La mancata ha reso Bergamo – con buona probabilità – il “lazzaretto d’Italia”: dall’inizio dell’epidemia di Coronvirus, nei comuni del territorio si è registrato un aumento esponenziale di decessi in concomitanza della mancata chiusura. Secondi i dati Istat a Nembro, nei primi 21 giorni di marzo, si è registrato il 1000 per cento in più di morti rispetto al 2019. Nella vicina Alzano Lombardo si è arrivati a +1022 per cento. Il picco massimo si è raggiunto nel piccolo comune di San Pellegrino Terme, con un incremento del 2000 per cento.
L’inchiesta di TPI sulla mancata chiusura della Val Seriana per punti:
- Uno scudo penale per il Coronavirus: nel decreto Cura Italia spunta l’emendamento PD per sanare le responsabilità politiche
- Coronavirus, anche Salvini vuole lo scudo penale per i politici. Poi la retromarcia
-
Attenti a quei 3: gli uomini chiave coinvolti nell’inchiesta di TPI sull’ospedale di Alzano Lombardo