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    Coronavirus, come funzionerà l’app italiana contro la pandemia

    Di Redazione TPI
    Pubblicato il 8 Apr. 2020 alle 21:10 Aggiornato il 9 Apr. 2020 alle 11:31

    Coronavirus, come funzionerà l’app italiana contro la pandemia

    “L’applicazione di “contact tracing” non ha l’obiettivo di geolocalizzare ma quello di ricostruire gli eventuali contatti fra persone”. Con queste parole la ministra dell’Innovazione, Paola Pisano, ha raccontato l’app italiana per aiutare la lotta al Coronavirus.

    Una “semplice” mappa delle prossimità fra cittadini grazie al bluetooth. A patto, ovviamente, che i cellulari delle persone coinvolte abbiamo l’applicazione istallata. “Sarò chiara”, ha sottolineato Paola Pisano, “l’obiettivo è ridurre le possibilità di contagio, ma non sarà una sola applicazione a risolvere tutto. L’applicazione è parte di un sistema integrato del quale i protagonisti saranno inevitabilmente aspetti non tecnologici”.

    “Siamo in un campo sperimentale che può aiutare nel contrastare il virus e allo stesso tempo può non essere infallibile”, ha messo le mani avanti Paola Pisano, cosciente che per arrivare a dei risultati tangibili la strada potrebbe essere ancora lunga. “Dalla scelta dell’app al suo utilizzo molto è ancora da fare, compresa una fase di test”.

    Come si chiamerà

    L’app, scelta dalla task force di 74 esperti, non ha ancora un nome ufficiale, quello lo dirà il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, e – ad oggi – non si sa con esattezza quando verrà lanciata. Una via, quella scelta dal Governo italiano, simile a quella intrapresa da Singapore. Un’app che si limita a registrare segnali di vicinanza in forma anonima, grazie a bluetooth e wi-fi, e avverte chi è entrato in contatto con una persona risultata positiva al Coronavirus.

    Come funziona l’app

    I cittadini italiani che scaricheranno l’app anti Coronavirus forniranno tre informazioni: qual è il dispositivo con il quale sono stati in contatto, a che distanza e per quanto tempo. Nel caso in cui qualcuno risultasse positivo, l’operatore medico che deve essere autorizzato dal cittadino stesso, attraverso un codice identificativo anonimo invierà un messaggio di allerta per informare tutti quegli utenti, sempre identificati in modo anonimo che sono entrati in contatto con chi ha contatto il virus. C’è però un problema che rischia di compromettere l’efficacia di questo strumento: la volontarietà.

    Perché l’app potrebbe essere utile

    Questi sistemi sono solo un tassello per combattere la pandemia, ma sono anche importanti “per contenere il Coronavirus senza la necessità di quarantene di massa”, sostiene uno studio dell’Università di Oxford pubblicato sulla rivista Science. “A patto però che siano usate da un numero sufficiente di persone”. Da un terzo alla metà delle trasmissioni del virus avvengono da individui pre-sintomatici, che ancora non sanno di essere infetti. Ecco perché un’applicazione di tracciamento dei contatti avvenuti può portare al controllo dell’epidemia.

    In Corea del Sud più che una app vera e propria, sono state messe in campo a partire dall’epidemia Mers del 2015 soluzioni che raccolgono dati dalle videocamere di sicurezza, i movimenti della carta di credito e il gps dello smartphone, con notifiche che arrivano ai cittadini quando un nuovo caso viene scoperto nella loro area. “Compiamo le nostre indagini come fossimo ufficiali di polizia”, ha spiegato al New York Times Ki Mo-ran, epidemiologo che lavora per conto del governo di Seoul. “E con il tempo abbiamo rivisto le nostre leggi per dare priorità alla sicurezza invece che alla privacy in caso di crisi sanitarie”.

    Intanto la Commissione europea ha appena pubblicato una serie di raccomandazioni sul tema per un approccio comune. Fermo restando le deroghe al Gdpr in caso di emergenza sanitaria, il commissario per il mercato interno Thierry Breton e per la Giustizia Didier Reynders, propongono “una cassetta degli attrezzi congiunta verso un approccio coordinato per l’uso di app per smartphone che rispettino gli standard di protezione dei dati dell’UE”. In sintesi: confronto con gli operatori di telefonia mobile già avviato per avere i dati in forma anonima trasmessi poi al Centro comune di ricerca (CCR) per l’elaborazione e la modellizzazione. Le informazioni non saranno condivise con terze parti e verranno conservate solo finché la crisi è in corso. Insomma, la strada per arrivare all’app italiana sembra ancora lunga.

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