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    Lettera dell’anestesista ai colleghi: “Avrete pazienti stabili che nel giro di mezz’ora andranno in insufficienza respiratoria”

    Di Anton Filippo Ferrari
    Pubblicato il 21 Mar. 2020 alle 18:33

    Coronavirus, la lettera dell’anestesista ai colleghi

    “Se nei vostri ospedali succederà quello che sta capitando qui, gli accessi in pronto soccorso saranno continui. Avrete pazienti stabili che nel giro di mezz’ora andranno in insufficienza respiratoria e avranno necessità di essere intubati. Tutto si muoverà alla velocità della luce, e voi dovrete essere lucidi e previdenti”. Queste le parole di un medico anestetista-rianimatore che lavora in un ospedale lombardo ai colleghi delle altre città e regioni.

    “Sono un medico anestesista-rianimatore che lavora in un ospedale lombardo, non molto distante dall’epicentro del focolaio epidemico – ha scritto in una community di medici – e da settimane lavoro ininterrottamente, senza il tempo di capire cosa stia succedendo. Ho perso il conto dei pazienti visitati, delle intubazioni eseguite, delle chiamate alle quali ho risposto. Nel frattempo, l’ospedale si è trasformato, sono state create pareti, organizzati reparti in una notte. Tutto si è trasformato, in modo quasi surreale”.

    “In questa maxi-emergenza ci sono dentro fino al collo – ha proseguito -, insieme ai miei colleghi, agli instancabili infermieri, a tutto il personale dell’ospedale che sta facendo il possibile per affrontare questa epidemia. Siamo importanti tutti, anche chi sta in cucina e ci regala un sorriso mettendoci nel vassoio un pezzetto di torta”.

    Non è un trattato scientifico, “nulla di particolarmente raffinato, ma sono considerazioni di uno che sta toccando con mano questa emergenza – le sue parole -. Spero possano tornare utili a chi dovesse trovarsi nella situazione che sto vivendo”.

    Poi ancora: “Nonostante la possibilità di usare le macchine per anestesia delle sale operatorie, avrete comunque pochi posti. Conservateli per chi potrebbe avere maggiori possibilità di farcela. Arriveranno alla porta della terapia intensiva novantenni e quarantenni, pazienti oncologici e senza comorbilità. Non potrete assistere tutti, dovrete scegliere. Tutti i diagrammi decisionali, su carta, non danno idea di quello che significa scegliere tra chi soccorrere e chi no”.

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