Ieri, mentre il ministro per la Salute Speranza annunciava le nuove misure anti-Covid, una notizia è passata in sordina. La Corte Costituzionale ha accolto in parte il ricorso del governo contro la legge regionale della Valle d’Aosta conosciuta come “anti-Dpcm” (la numero 11 del 9 dicembre 2020): la norma consentiva al presidente della Regione di regolare autonomamente, e in deroga ai decreti nazionali, l’apertura di negozi, bar e ristoranti e, tra le altre cose, la libertà di movimento.
“Spetta alla Stato non alle Regioni”
La legge era già stata sospesa lo scorso 15 gennaio dai giudici della Corte Costituzionale che oggi ha emesso la sentenza: “Spetta allo Stato e non alle Regioni determinare le misure necessarie al contrasto della pandemia”. (Qui il comunicato della Consulta).
Le motivazioni devono ancora essere depositate, ma l’ufficio stampa della Corte ha fatto sapere che “il ricorso è stato accolto, limitatamente alle disposizioni con le quali la legge impugnata ha introdotto misure di contrasto all’epidemia differenti da quelle previste dalla normativa statale”. La Corte “ha ritenuto che il legislatore regionale, anche se dotato di autonomia speciale, non può invadere con una sua propria disciplina una materia avente ad oggetto la pandemia da COVID-19, diffusa a livello globale e perciò affidata interamente alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, a titolo di profilassi internazionale”.
Cosa ci dice questa sentenza anche rispetto alla Lombardia
Il classico rimbalzo di responsabilità non è avvenuto solo sull’attuazione delle norme anti-Covid, ma anche sull’istituzione delle zone rosse. In particolare, rispetto alla mancata zona rossa al Alzano e Nembro a marzo 2020, sulla quale TPI ha pubblicato un’inchiesta in più puntate, né il Governo, né la Regione hanno dato ascolto all’Iss, che aveva reiterato invano la sua richiesta il 5 marzo.
Il premier Conte, a TPI, aveva spiegato che se avesse voluto, la Regione Lombardia avrebbe avuto la facoltà di disporre autonomamente una zona rossa ad Alzano e Nembro. La Regione aveva risposto dicendo di aver fatto richiesta il 3 marzo, ma di non essere stata ascoltata. Solo l’8 marzo, comunque, era poi arriva la decisione dell’esecutivo di imporre il lockdown all’intera Lombardia e altre 14 province. Troppo tardi: i contagi in Lombardia erano già alle stelle. La Val Seriana sarebbe diventata di lì a poco il peggior focolaio d’Europa.
Adesso, la sentenza della Consulta, chiarisce ulteriormente sulle responsabilità: è il governo centrale a dover decidere sulle norme anti-Covid.
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