Cimitero di Biella, cremazioni scandalo
Al Cimitero di Biella non c’è ancora pace per lo scandalo delle cremazioni. Più corpi bruciati contemporaneamente. Alcuni resti non ancora ridotti in cenere buttati nella spazzatura. Poi, le ceneri derivate dai cadaveri mischiate indiscriminatamente, senza alcuna pietà per i defunti e senza alcun rispetto per i familiari dei morti, già afflitti dal terribile dolore per la perdita dei propri cari.
Tutto per diminuire costi e tempi ed eseguire il maggior numero di cremazioni.
Lo scandalo del cimitero di Biella ha sconvolto un’intera regione, il Piemonte. Anzi, un’intera area del Paese, il Nord Ovest, perché a un certo punto, all’inizio del 2017, la società che gestiva il forno crematorio del cimitero di Biella, la Socrebi, firmò una convenzione per acquisire defunti anche dalla Valle d’Aosta e dalla Lombardia.
Il video che ha dato il via all’inchiesta
Tutto è stato svelato quando un dipendente del cimitero ha pubblicato un video in cui si vedeva chiaramente il modo in cui gli operatori, oggi indagati, spingevano nel forno una nuova bara mentre i resti di quella precedente non erano ancora del tutto inceneriti.
Sono, potenzialmente, 500 le famiglie che oggi chiedono giustizia per i loro defunti. Famiglie che ieri, martedì 22 luglio, sono scesi in piazza e hanno organizzato un sit in davanti al Palazzo di Giustizia di Biella per protestare contro la decisione della Corte di accettare tutte le richieste di patteggiamento degli indagati. Tranne per due di loro, che presto sosterranno l’udienza preliminare.
Una protesta composta, raccontano le immagini, per dire no a pene che escludevano il carcere e contro il fatto che siano stati contestati pochi episodi rispetto al materiale raccolto con l’inchiesta.
Per i legali difensori delle famiglie, infatti, non è ancora chiara la portata di quanto accaduto al cimitero di Biella: l’inchiesta si baserebbe soprattutto sui casi documentati del 2018, ma il dubbio è che la pratica delle cremazioni multiple in realtà risalga già al 2017.
Il disagio del procuratore e la risposta di un papà che ha perso un figlio di 11 anni
Una “lugubre catena di montaggio della morte a scopo di lucro”, aveva detto il procuratore della Repubblica di Biella Teresa Angela Camelio parlando delle cremazioni al cimitero di Biella.
Ma ieri, stando a quanto riportato dal Corriere della Sera, ha definito “fuori luogo” la protesta dei familiari davanti al Palazzo di Giustizia. “Non mi è piaciuta l’atmosfera che si respirava nei corridoi del tribunale. Non avrebbe dovuto esserci alcun sit in”.
Al procuratore ha risposto su Facebook Fabrizio Demaria. È il padre di Gabriele, un bimbo di 11 anni morto in seguito a un’infezione clinica. Il corpo del bambino fu affidato al cimitero di Biella per la cremazione.
Fabrizio ha pubblicato su Facebook una foto di Gabriele con un lungo post rivolto “al Signor Procuratore del tribunale di Biella e ai Signori Avvocati che si sono espressi riguardo ai familiari dei defunti passati per il forno crematorio di Biella, come presenza ‘fuori luogo’”.
“Questa è la foto di mio figlio Gabriele, deceduto a 11 anni, 10 mesi, 28 giorni e due ore. Guardatelo negli occhi e ripetete “fuori luogo”, pensando ai vostri cari – ha scritto -. Se ancora vi viene da dirlo, ne siete convinti, porgo i miei migliori auguri. Poiché ci sarà una giustizia divina, a cui neppure lor Signori potranno sottrarsi”.
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