Centri espulsione migranti Garante | Venerdì 5 luglio 30 migranti sono fuggiti dal Cie (Centro di identificazione e di espulsione) di Ponte Galeria, a sud-ovest di Roma. La rivolta è iniziata in tarda serata. I migranti hanno sfondato le porte e scavalcato le recinzioni fuggendo nelle campagne cirscostanti. Le ricerche della polizia sono già scattate ed è stata aperta un’inchiesta. Delle trenta persone scappate, 18 sono state riprese.
L’edificio era stato riaperto pochi mesi fa, a maggio, dopo che nel 2015 era stato danneggiato sempre a seguito di una rivolta di alcuni migranti ospitati all’interno del centro. Secondo il Sap tra i fuggitivi ci sarebbe un cittadino algerino monitorato dalle forze dell’ordine per presunte attività connesse al radicalismo islamico.
“Nonostante il clamore, con le passate amministrazioni non era mai successo che fuggisse un detenuto attenzionato. Ma mai essere troppo duri. Certo resta un problema se non si riesce adeguatamente a tutalare gli esterni”.
Il Garante nazionale dei diritti delle persone detenute, Mauro Palma commenta a TPI gli ultimi eventi di cronaca e la situazione dei centri di identificazione ed espulsione.
Centri espulsione migranti Garante | Cosa sono i Cie e perché se ne sta parlando tanto?
Il centro di Ponte Galeria è stato ristrutturato perché era mezzo distrutto, gli altri centri, l’ho segnalato da tempo, non hanno visto l’adeguamento necessario che dovrebbe esserci quando aumento la possibilità di permanenza fino a sei mesi.
A Tasso San gervasio le persone mangiano sul letto, perché non c’è una mensa. Puoi sopportarlo per un certo numero di giorni, ma quando lo estendi a sei mesi diventa un problema. Non un fatto così automatico rivedere la durata, l’estensione della durata significa rivedere gli amibienti e la vita interna e investire qualche soldo.
Prendo atto che i centri esistono in tutta Europa. Mi esprimo rispetto all’efficacia. Sono pensati per privare della libertà le persone in funzione del rimpatrio. Meno della metà delle persone che sono trattenute nei centri vengono poi effettivamente rimpatriate. Quindi, mi domando, quale sia la loro effettiva funzione. Io li privo della libertà a che fine?
I centri per i rimpatri hanno una loro validità nel momento in cui sono funzionali a ciò che si prefiggono. A Ponte Galeria del totale delle donne rinchiuse nel centro nel 2018 sono state rimpatriate solo il 13 per cento.
Per quell’altro 87 per cento qual è la legittimità della privazione della libertà?
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Va detto che i detenuti hanno anche più tutele di loro, anche perché i detenuti hanno il magistrato di sorveglianza che oltre a vigilare sulla legittimità del loro essere detenuti deve (o dovrebbe) vigilare anche sulle condizioni interne.
Mentre, nei centri per il rimpatrio il giudice di pace vigila sulla correttezza dell’averli messi lì ma non vigila poi sulle condizioni interne. Manca un controllo specifico locale.
Questo episodio dimostra come poi si finisce con il tenere insieme persone che hanno delle storie di reati diversissime alle spalle in centri che diventano dei luoghi di promiscuità giuridica, foriera di nuova criminalità.
Direi di sì. Devo dire che da parte delle autorità prefettizie c’è una volontà di discutere e ripensare questi centri. C’è una professionalità spendibile, forse è sul piano della decisione politica che attendono dei segnali. Le norme europee ne consentono l’esistenza, ma devono essere dignitosì, di breve periodo e veramente funzionali a ciò per cui sono pensati. Mescolando situazioni talemente diverse tra loro il rischio è di arrivare a episodi esplosivi sul piano della criminalità.
Noi abbiamo tutti gli strumenti di controllo possibili per poter controllare doverosamente la situazione senza per questo dover togliere diritti alle persone. Conta sempre più il valore simbolico che quello reale.
Centri espulsione migranti Garante | Roma, migranti fuggono dal Centro di espulsione di Ponte Galeria
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