Caso Arata Nicastri | eolico | Caso Siri | Dia | Pm
Caso Arata Nicastri – Starebbe collaborando con i pubblici ministeri di Palermo Vito Nicastri, il “re dell’eolico”, l’imprenditore delle energie rinnovabili ritenuto tra i finanziatori della latitanza del boss Matteo Messina Denaro, finito al centro dell’inchiesta sul giro di mazzette che coinvolge anche il consulente e faccendiere della Lega, Francesco Paolo Arata.
Caso Arata Nicastri | Gli arresti
L’inchiesta Arata ha fatto registrare nella notte anche due nuovi arresti grazie a un blitz della Dia di Trapani: Giacomo Causarano, ex funzionario dell’assessorato regionale all’Energia, e l’imprenditore milanese Antonello Barbieri.
Causarano, il cui nome era già venuto fuori nei mesi scorsi, è accusato di corruzione. Mentre Barbieri di intestazione fittizia di beni, autoriciclaggio e corruzione: sarebbe infatti stato uno dei soci occulti di Arata e Nicastri. Sia Causarano che Barbieri sono al momento ai domiciliari.
Accusa di corruzione
Al burocrate regionale Causarano viene contestata l’accusa di corruzione perché secondo il procuratore aggiunto di Palermo Paolo Guido e il sostituto Gianluca De Leo avrebbe aggiustato e orientato alcune pratiche che stavano particolarmente a cuore alla coppia Arata-Nicastri.
In cambio gli era stata promessa una mazzetta da 500 mila euro, da dividere con il collega Alberto Tinnirello. È stato Nicastri a spiegare che 100 mila euro erano stati già corrisposti, il resto sarebbe arrivato al momento della firma per il via libera degli impianti di biometano a Francofonte, in provincia di Siracusa, e Calatafimi, in provincia di Trapani.
Caso Arata Nicastri | L’indagine
Tutto ha inizio il 18 aprile scorso, quando sono scattate alcune perquisizioni fra Trapani, Palermo e Roma, che avevano coinvolto pure l’allora sottosegretario ai Trasporti Armando Siri, indagato dalla procura della Capitale per corruzione: le intercettazioni hanno sorpreso Arata a parlare di una mazzetta da 30 mila euro per l’esponente politico della Lega. In ballo, c’era un emendamento che avrebbe dovuto aprire le maglie dei finanziamenti per il mini-eolico.
Poi, il 12 giugno, la procura di Palermo ha fatto scattare un blitz: in carcere sono finiti Arata, Nicastri e i loro rispettivi figli, Francesco e Manlio, tutti accusati di aver organizzato una società occulta per gestire gli affari dell’eolico e del biometano.
E dopo il blitz, Nicastri ha deciso di parlare dei suoi affari, ma le dichiarazioni ai procuratori di Palermo sono ancora coperte da un rigido segreto istruttorio.
Le mazzette per l’energia
Qual era il ruolo di Nicastri e Arata? I due si muovevano non solo per favorire le pratiche degli amici, ma anche per bloccare i concorrenti.
L’azienda di energia “Sun Power Sicilia” di Antonello Barbieri avrebbe dovuto iniziare i lavori per l’impianto fotovoltaico di Melilli e Carlentini, ma l’uomo della Regione, Giacomo Causarano, inviò alla ditta una lettera dai toni forti, con cui chiedeva di produrre al più presto “gli atti attestanti la disponibilità dei terreni”.
Quello era il modo per chiedere il via libera ai lavori.
Caso Arata Nicastri | Gli altri indagati
Arata e Nicastri potevano contare su alcuni fedeli funzionari dell’assessorato all’Energia come Tinnirello e Barbieri. Tra gli indagati ci sono anche altri tre funzionari dell’assessorato al Territorio, il caso continua.
Nicastri: “Così corrompevo i funzionari”
Collaborando con i pm, Nicastri ha rivelato il sistema di corruzione da lui messo in atto.
“Ogni volta che dovevo parlare con Alberto Tinnirello, responsabile dell’ufficio III dell’Assessorato e colui il quale avrebbe dovuto firmare l’autorizzazione, mi rivolgevo al responsabile del procedimento, Giacomo Causarano”, ha raccontato Nicastri ai pm Paolo Guido e Gianluca De Leo.
Causarano avrebbe fatto da tramite tra l’imprenditore alcamese e Tinnirello, dirigente dell’assessorato che doveva rilasciare l’autorizzazione unica, permesso necessario a Nicastri per un progetto di realizzazione di due impianti di biometano a Francofonte e Calatafimi.
Tinnirello, indagato da mesi, è finito ai domiciliari nelle scorse settimane.
Il prezzo della corruzione sarebbe stato 500mila euro, in cambio di un permesso che avrebbe consentito al re dell’eolico di avere un progetto approvato da rivendere a grosse imprese del settore incassando fino a 15 milioni di euro.
“Ho consegnato a Causarano personalmente nei miei uffici 100mila euro in tranche da 10-12mila euro, denaro che secondo quanto riferitomi da Causarano avrebbe dovuto consegnare a Tinnirello”, racconta Nicastri.
I soldi venivano dall’imprenditore mafioso Francesco Isca, anche lui arrestato, ma il taglio originario delle banconote non piaceva al funzionario e venne cambiato.
Tinnirello avrebbe risposto con prontezza. “Per la terza e ultima istanza gli uffici si mossero addirittura in un giorno”, racconta Nicastri.
A Barbieri, invece, si contesta l’essere stato socio occulto del re dell’eolico nel 2015 e di aver ceduto la sua parte ad Arata per 300mila euro, soldi che poi sarebbero andati a Nicastri.
Le rivelazioni dell’imprenditore alcamese, troverebbero riscontro in alcuni documenti trovati nel corso di perquisizioni agli indagati. Ma il re dell’Eolico potrebbe rivelare altre informazioni utili nel corso dei prossimi mesi.