Esclusivo TPI – Il 118 rifiuta di ricoverarlo, il giorno dopo muore di Covid in casa: il documento che incastra l’Asl di Caserta
Ci troviamo a Sessa Aurunca, in provincia di Caserta. Qui, lo scorso 29 ottobre, un uomo di novantuno anni, Ruggero Cervo, affetto da Covid-19, è morto. L’anziano si è spento nella sua casa. Eppure – come si legge su un documento ufficiale Saniarp (Sanità a centralità dell’Assistito e della Risposta Prescrittiva) di cui TPI è venuto in possesso (e che si può visualizzare in calce a questo articolo) – il 24 ottobre, ossia cinque giorni prima del decesso, era stato consigliato il suo ricovero in ospedale “per lo stato clinico e l’età vetusta”.
Il figlio di Ruggero, Giuseppe, 62 anni, ex vice commissario di Polizia, resosi conto che le condizioni cliniche del padre stavano peggiorando a vista d’occhio, ha provato ogni strada per fare in modo che l’anziano venisse seguito da vicino in una struttura ospedaliera. Ma i suoi tentativi si sono rivelati vani. Ne sono testimonianza le tante chiamate effettuate dall’uomo al 118 e, soprattutto, un’altra annotazione su quello stesso documento Saniarp, questa volta in data 27 ottobre: “Il collega 118 rifiuta ricovero e prescrive terapia”.
La positività al Covid-19
Questa vicenda ha inizio fra la prima e la seconda settimana di ottobre, quando Giuseppe avverte sintomi riconducibili al Covid-19. L’uomo decide perciò di sottoporsi al tampone, che dà esito positivo. Subito dopo, anche sua moglie, sua figlia (20 anni) e suo padre Ruggero, pur non manifestando sintomi, effettuano il medesimo test diagnostico, che decreta la positività per la moglie di Giuseppe e per Ruggero.
A questo punto – per alleggerire la pressione sulla figlia, unica negativa della famiglia – Giuseppe decide di trasferirsi a casa del padre – un’abitazione indipendente, in cui Ruggero viveva da solo – e di trascorrere con lui il periodo di quarantena.
In un primo momento la situazione sembra relativamente tranquilla. Giuseppe avverte i sintomi tipici del Covid-19 (dolori alle ossa, forte astenia, spossatezza e mancanza di appetito), il padre invece continua ad essere asintomatico. Qualche giorno dopo, però, la situazione clinica dell’anziano si aggrava repentinamente: Ruggero inizia ad accusare dolori in tutto il corpo, ha la febbre e diventa catatonico.
Team Covid, Usca e 118 Caserta: il flop dell’assistenza
“Da questo momento – spiega il figlio a TPI – sono iniziati i problemi. Abbiamo trovato un vero e proprio buco nero nell’assistenza domiciliare, perché il medico di famiglia non poteva venire e né il Team-Covid, né le Usca sono riusciti a seguire adeguatamente mio padre”.
I Team-Covid , nati in Campania su iniziativa dell’Asl di Caserta, sono gruppi operativi sovradistrettuali costituiti da specialisti di varie discipline (cardiologia, pneumologia, radiologia, fisioterapisti, psicologi, infermieri ecc…) che hanno il compito di monitorare gli sviluppi del Covid- 19 nei pazienti che si trovano in isolamento domiciliare mediante contatti telefonici e visite a domicilio. Le Usca (Unità speciali di Continuità Assistenziale) sono invece team di medici che integrano e supportano l’azione del Team-Covid territoriale soprattutto nella risposta a situazioni emergenziali.
“Nel caso di mio padre, il Team-Covid ci ha contattato non più di quattro volte, quando ancora i sintomi non erano acuti, e dal momento in cui le cose sono peggiorate non abbiamo più ricevuto alcuna loro chiamata. Né ho potuto chiamarli, perché utilizzano dei numeri che sono soltanto in uscita. Le Usca, invece, sono venute soltanto una volta, prescrivendo l’ossigeno-terapia”, racconta Giuseppe.
È a questo punto – siamo fra il 24 e il 25 ottobre – che l’uomo, sempre più preoccupato per le condizioni di salute del padre, si rivolge ai sanitari del 118, sperando nell’immediato ricovero dell’anziano. “Sono venuti quattro volte, senza grandi ritardi, ma si limitavano a misurare l’ossigenazione del sangue e andavano via, affermando che non era necessario portarlo in ospedale perché saturava”.
Sul fatto che Ruggero avesse bisogno di un trattamento diverso, però, il figlio non ha dubbi. Stando a quanto racconta, l’anziano non mangiava e non beveva da diversi giorni e si rifiutava di fare la terapia. Non a caso, qualche giorno dopo entra in coma, in condizioni estreme. “Era quasi morto. In una situazione del genere – si sfoga Giuseppe – mi sembrava chiara la necessità di ricoverarlo”.
La notte del 28 ottobre
Uno snodo importante di questa storia è la notte del 28 ottobre, quando l’Asl di Caserta fa sapere telefonicamente al medico del 118, arrivato sul posto per visitare Ruggero, che un letto per ricoverare l’anziano sarebbe disponibile a Maddaloni e che, per procedere al ricovero, serve il suo consenso. Ma il sanitario, misurata per l’ennesima volta l’ossigenazione del sangue, decide che non è necessario.
“Devi soltanto sperare di non saturare, così almeno ti ci portano all’ospedale”, afferma sconsolato Giuseppe, ricordando quei momenti. L’uomo tenta in ogni modo di far cambiare idea al medico e alla fine, dopo una estenuante discussione, sembra esserci riuscito. Gli viene chiesto, però, il documento che certifica la positività al Covid di Ruggero.
“Era ormai l’una di notte e non lo avevo con me”, racconta il figlio dell’anziano. “Perciò gli ho detto: ‘Tu per quale motivo sei venuto in questa casa tutto bardato come un’astronauta? Perché mio padre è positivo. Allora fallo ricoverare e domani mattina te lo faccio avere’”. Ma il sanitario insiste per averlo subito e, soprattutto, per averlo cartaceo. Sì, perché nel frattempo Giuseppe era riuscito a procurarselo in formato digitale dal proprio medico di famiglia. “Ormai in preda ad una crisi di nervi, gli ho detto: ‘Va bene la normale carta o preferisce quella filigranata?’”.
Alla fine è lo stesso medico curante ad arrivare sotto casa di Giuseppe e a fornire al sanitario del 118 il documento in forma cartacea. Ma a quel punto – a sorpresa – quest’ultimo cambia idea e decide comunque di non ricoverare l’anziano.
Intanto, dalla centrale del 118 consigliano almeno di fargli una flebo. Giuseppe racconta che per trovargli un accesso venoso il sanitario avrebbe impiegato molto tempo e alla fine, quando stava per andarsene, alla domanda su cosa fare e come comportarsi al termine della soluzione fisiologica, la sua risposta sarebbe stata: “Non siamo competenti”. Il giorno dopo, nel pomeriggio, Ruggero muore.
Il documento Saniarp che incastra il 118 di Caserta
In seguito a questi drammatici episodi, Giuseppe ha deciso di vederci chiaro. È riuscito a procurarsi il bollettino Saniarp, su cui è scritta l’intera storia clinica del padre dal momento della riscontrata positività al Covid-19. Alla data del 24 ottobre si legge: “Per lo stato clinico e l’età vetusta si consiglia ricovero”. Al 27 ottobre la dicitura è: “Il collega 118 rifiuta ricovero e prescrive terapia”.
Nel documento Saniarp, di cui il nostro giornale è venuto in possesso, non c’è invece alcun riferimento alla notte del 28, quella della lunga discussione fra Giuseppe e l’operatore del 118 che prima ha deciso di ricoverare Ruggero e poi ha cambiato idea. Questo perché – come ci spiega lo stesso Giuseppe – il bollettino è stato scaricato proprio il giorno 28, prima del decesso dell’anziano e prima anche che venisse registrato l’intervento di quel sanitario.
“Ottenere il bollettino Saniarp non è stato semplice e, per questo, ancora non sono riuscito ad averne una versione aggiornata”, dice il figlio di Ruggero. Alla nostra domanda su come sia riuscito a venirne in possesso, Giuseppe si riserva dal rispondere. “Questo documento – denuncia l’intervistato – prova che mio padre aveva bisogno di un ricovero già cinque giorni prima del decesso. Sarebbe morto lo stesso? E allora perché lo consigliano? È controproducente, no? Ma soprattutto a me, come figlio, chi vieta di immaginare il contrario e cioè che se fosse stato ricoverato in tempo e curato adeguatamente ora sarebbe ancora vivo? Cosa dovrei pensare? Che si è deciso che una persona di novant’anni può anche morire?”.
“Al telefono – continua Giuseppe – in quei giorni mi è stato addirittura detto: ‘Ma perché, lei non gli sa fare una flebo?’. Ma stiamo scherzando? Io sono un poliziotto, mica un medico. Anzi, come uomo di legge forse sono stato troppo tranquillo: avrei dovuto mettermelo sulle spalle, portarlo in ospedale e far scoppiare il caso”.
Giuseppe ha deciso di sporgere denuncia sia in sede penale sia in sede civile nei confronti di eventuali responsabili individuali: “L’ipotesi di reato è omicidio colposo, dovuto a imprudenza, imperizia e negligenza”. Ci tiene, però, a precisare che, con questo, non è sua intenzione colpire un’intera categoria. “Esistono tantissimi medici eroici, lo so bene. Sto denunciando pubblicamente quanto mi è accaduto perché potrebbe servire ad evitare altre situazioni drammatiche”, conclude.
La replica dell’Asl di Caserta
TPI ha contattato il direttore sanitario dell’Asl di Caserta, Pasquale Di Girolamo Faraone: “Dai quattro rapporti del 118 risulta che il paziente era stabile e che quindi non c’erano le condizioni cliniche per ricoverarlo”, spiega il direttore. “D’altronde, se un posto a Maddaloni c’era, perché il medico avrebbe dovuto rifiutarsi? Con questo non voglio giustificare nessuno: se ha sbagliato a fare le valutazioni sul posto è un altro discorso, ma questo devono verificarlo altri. Sulla base della documentazione che è stata compilata e che ho consultato né io, né lei comunque possiamo confutarlo”.
Quanto alle circostanze che emergono dal documento Saniarp – ricovero consigliato il 24 e rifiutato il 27 – il direttore sanitario sottolinea: “È stato ‘consigliato’, non ‘predisposto’ il ricovero. Non so dire perché alla data del 27 sia stato scritto ‘rifiuta ricovero’: è una dicitura sbagliata, non corretta in italiano, perché sono i pazienti a rifiutare il ricovero, non i medici. Al massimo il medico può ‘rilevare’ che non ci siano le condizioni per farlo”.