Carola Rackete, la capitana della Sea Watch 3, è stata arrestata all’alba di sabato 29 giugno dopo aver fatto attraccare la nave al porto di Lampedusa nonostante l’alt imposto dalle autorità italiane.
Rackete è scesa dall’imbarcazione accompagnata da agenti della Guardia di Finanza, circondata da fischi e applausi provenienti dalla banchina [il video].
La 31enne tedesca [chi è] è stata arrestata con l’accusa di “resistenza o violenza contro nave da guerra”, ma le potrebbe essere contestato anche il reato di tentato naufragio a proposito della complessa manovra di attracco, nella quale ha rischiato di travolgere una motovedetta delle Fiamme Gialle.
“Le ragioni umanitarie non possono giustificare atti di inammissibile violenza nei confronti di chi in divisa lavora in mare per la sicurezza di tutti”, ha commentato il procuratore di Agrigento, Luigi Patronaggio.
La Procura ha chiesto gli arresti domiciliari per la capitana, che ha indicato come domicilio in cui scontare la misura cautelare un’abitazione a Lampedusa. Entro 48 ore la Procura agrigentina dovrà chiedere al Giudice per le indagini preliminari la convalida dell’arresto.
Il Gip avrà poi altre 48 ore per fissare l’udienza, che si terrà ad Agrigento, in cui si dovrà decidere se convalidare o meno il provvedimento. Secondo quanto si apprende, a differenza di quanto emerso in una prima fase, Carola Rackete non verrà processata per direttissima: il procedimento seguirà le vie ordinarie.
La capitana è accusata di aver violato l’articolo 1100 del Codice della navigazione, che prevede una pena compresa fra i 3 e i 10 anni di reclusione. Ma le viene contestato anche il reato di tentato naufragio, previsto dagli articoli 110 e 428 del Codice penale, e sanzionato con la pena massima di 12 anni.
La Procura, nelle prossime ore, valuterà anche se ci sono profili di reato nella condotta dell’equipaggio della nave. Nessuna responsabilità è invece configurabile per i parlamentari che sono a bordo della Sea Watch.