Le notizie si rincorrono ormai da inizio 2021, a fasi alterne la stessa Ama ha lanciato l’allarme sulle gestione dei cimiteri di Roma e la difficoltà di seppellire le salme. Poi c’è stato il grido del deputato del Pd Andrea Romano, il cui appello è stato raccontato anche su queste colonne dalla penna di Enrico Mingori: la situazione è disperata e non sembra destinata a migliorare.
A confermarlo è un’inchiesta del Corriere della Sera che si è introdotto con telecamere nascoste nel cimitero Flaminio, il più grande d’Italia con i suoi 140 ettari di estensione, dove si stima che siano circa 2500 le salme in attesa. Si vedono bare affastellate in ogni angolo.
Il Corriere riporta la storia di Adriano e di sua madre Wanda, morta il 22 gennaio 2021. A oggi il Adriano non è riuscito ancora a darle una sepoltura. Quando a inizio marzo l’agenzia di onoranze funebri ha scritto ad Antonello Ferrigno, responsabile dell’ufficio Cremazioni di Ama, la società municipalizzata che si occupa della gestione dei cimiteri nella capitale, gli è stato risposto che l’appuntamento era fissato per il 13 luglio 2021. Sette mesi dopo il decesso. E a niente sono servite le proteste di Alessandro Necci, il titolare dell’agenzia “La Sfinge” che ha tentato di spiegare che “non era opportuno tenere una salma in una bara per sette mesi, benché fosse di zinco”.
A Prima Porta i defunti vengono stipati in quattro depositi: la camera mortuaria, le celle frigo, un deposito accanto alla chiesa e il forno crematorio. I cancelli sono chiusi e i giornalisti allontanati dalla vigilanza. Ma le salme arrivano senza sosta e quei portoni è necessario aprirli, almeno quelli della camera mortuaria. Ci sono 250 bare, alcune ancora con i fiori sopra. Per distinguerle hanno applicato con l’adesivo un foglio A4 che penzola da un lato con il nome del deceduto. Altre 500 si trovano nei pressi del forno crematorio, è poco più sopra rispetto alla camera mortuaria.
Il titolare di un’agenzia di onoranze funebri spiega che la motivazione del Covid sia una giustificazione debole. In effetti, Ama in un comunicato riporta che ci sono stati 5.000 decessi in più da ottobre 2020 ad oggi rispetto ai mesi analoghi del biennio precedente. “Sono l’equivalente di venti morti in più al giorno, è un numero troppo esiguo per giustificare il caos di questi giorni” , spiega. “La verità è che c’è stata una sequela di eventi che ha portato a questo disastro”.
La conferma arriva da un dipendente che vuole restare anonimo: “Già normalmente in ufficio siamo in sei ma lunedì 8 marzo, quando siamo stati colpiti, qui era in servizio una sola persona: tre già si trovavano in malattia e due sono corsi a fare i tamponi. Qui dentro ci si viene in punizione a lavorare. Le può far sorridere ma nessuno vuole venire a lavorare con i morti, basta vedere tutte le richieste di personale che sono rimaste inevase in passato o controllare quanti da Ama Ambiente rifiutano di passare ad Ama Servizi Cimiteriali”.
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