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    Cannabis light, Luca Fiorentino a TPI: “In Europa si fanno leggi per aprire, da noi si cercano trabocchetti per chiudere”

    Di Luca Telese
    Pubblicato il 15 Gen. 2022 alle 13:36 Aggiornato il 15 Gen. 2022 alle 13:38

    Luca Fiorentino, imprenditore del settore Cannabis Light.

    Buongiorno. Anche se il momento che stiamo vivendo, dopo le ultime novità normative, è tutt’altro che bello.

    -Ci aiuta a capire il giallo della Cannabis a basso contenuto di Thc, il principale prodotto dei vostri negozi?

    Non c’è nessuno giallo purtroppo.

    -Però da giorni giorni si combattono due verità, sui media.

    E non capisco perché. Voi avete dato una notizia, molti ci hanno seguito. Tutte le altre sono interpretazioni incaute, per non dire fake news.

    -È stato votato un nuovo chiarimento legislativo, più restrittivo. Ma i politici di maggioranza negano che per voi cambi qualcosa.

    Purtroppo c’è ben poco da negare. Con quelle norme noi rischiamo seriamente di chiudere.

    -I politici di maggioranza dicono che state esagerando.

    E quale sarebbe lo scopo? Danneggiare la nostra stessa attività? Come se noi avessimo qualsiasi convenienza a dire che la cannabis light potrebbe essere considerata illegale. Stiamo ricevendo solo disdette degli ordini. Evidentemente qualcuno cerca di coprire i propri errori.

    -Cioè?

    Sono loro, alcuni politici, che hanno la coda di paglia per delle norme approvate quasi sottobanco, in via amministrativa, nella conferenza Stato-Regioni, per ridurre la nostra agibilità.

    -Ma ha letto che il presidente della commissione agricoltura della camera, il pentastellato Filippo Gallinella addirittura con un comunicato festeggia?

    Ho letto, e mi pare folle. Con questo regolamento 15mila operatori, 3.000 imprese e migliaia di tabaccherie che oggi distribuiscono cannabis light, secondo il decreto interministeriale in questione, potrebbero essere considerate fuorilegge, perché produttori o commercianti di “sostanza stupefacente”. Cosa ci sia da festeggiare, sinceramente, a me sfugge. Ieri hanno festeggiato solamente le case farmaceutiche e Filippo Gallinella.

    -Giuseppe Labbate, ex sottosegretario nel governo giallorosso, M5S anche lui dice che cambia poco.

    Allora non avrà problemi a chiedere a un suo collega di fare un’interpellanza Parlamentare al Ministro dell’agricoltura, chiedendo di chiarire sotto quale legge, da oggi, rientrano i fiori di canapa. Attendiamo un serio riscontro.
    Fortunatamente ci sono anche altri politici, come Nicola Fratoianni, o i radicali, +Europa, Europa Verde o la sinistra del Pd, che invece hanno raccolto le nostre preoccupazioni. Mi sembrano più credibili. Ricordo inoltre che l’ex sottosegretario all’agricoltura Labbate era la persona all’interno del Ministero dell’agricoltura che vantava pubblicamente di volere normare il nostro settore. Ed ecco oggi dove siamo.

    -Quindi lei nega che sia un problema interpretativo delle nuove norme?

    Parliamoci chiaro. O non sanno leggere o non sanno di cosa parlano. O evidentemente fanno un’interpretazione faziosa. Con oggi il decreto interministeriale approvato tra Stato-Regioni, si chiarisce tra Ministeri che i fiori della Canapa rientrano nel testo unico sugli stupefacenti, come una sostanza stupefacente. Secondi lei cosa significa?

    -Quindi dal punto di vista legale sono a tutti gli effetti come una droga?

    Secondo questo chiarimento interministeriale si. É anche vero che un decreto interministeriale non può cambiare una legge nazionale, ma il problema principale si palesa sotto il piano tributario.
    Già diverse Procure, nell’incertezza normativa di prima, sequestravano questo prodotto perché secondo la loro accusa era “sostanza stupefacente”.
    Fortunatamente, nella maggior parte delle volte, facendo ricorso, ad esempio al tribunale del riesame, ci veniva restituita la merce proprio perché non considerata tale dalla legge. Da oggi potrebbe non essere più così.

    -È innegabile che lavoravate già in una terra di nessuno, fatta di norme ambigue.

    E chi lo nega? Diversi questori conservatori d’Italia hanno provato a chiuderci. Ma poi noi del settore, facendo valere le nostre ragioni, abbiamo vinto i ricorsi, regolarmente.
    È dall’inizio che chiediamo norme chiare, di essere tutelati, siamo i primi che non vogliono lavorare in una zona grigia.

    -E adesso, invece?

    Continueremo a combattere e a difenderci: ma con queste norme, tutto diventa più difficile. Probabilmente con il tempo saremo costretti a spostare le nostre imprese dove oggi questo settore é normato, come in Svizzera o Lussemburgo, ad esempio.

    -Quindi non è vero che non cambia nulla.

    E’ evidente: quasi tutto il settore si basa sulla produzione e commercializzazione del fiore, per diversi usi. La principale paura, da oggi, é che i Procuratori che già prima sequestravano nei nostri negozi, ora si sentiranno maggiormente legittimati nel farlo.

    -Cosa la fa arrabbiare?

    Lo avete scritto anche voi, su Tpi. Noi lavoriamo alla luce del sole, emettiamo regolari fatture, paghiamo le tasse, abbiamo i negozi su strada: non ci nascondiamo come spacciatori. Mi fa inoltre arrabbiare che nel caso chiudessimo, la maggior parte dei consumatori tornerebbero ad acquistare Cannabis vera in strada, dalla criminalità organizzata, con tutti i rischi del caso.

    -Quali?

    Quelle delle sostanze non controllate, tagliate, pericolose, dagli stessi spacciatori che spacciano anche altre sostanze, quelle davvero stupefacenti. É davvero questo ciò che vogliamo?

    -C’era un escamotage, però Luca, per cui vendevate la cannabis Light come “esemplare da collezione”.

    Vero. Nell’attesa di una chiara regolamentazione sulla destinazione d’uso. Ma questo non significa che commercializzavamo una sostanza stupefacente. Prima che venisse approvato il nuovo chiarimento Interministeriale, era lecito proprio perché il nostro era un prodotto florivivaistico di libera vendita. Adesso il fiore della pianta, potrebbe essere considerato “stupefacente”.

    -Vi aspettate che da oggi arrivino i poliziotti nei negozi?

    Potrebbe accadere, anche se ovviamente mi auguro di no. Vede, il nostro settore fattura 150 milioni di euro l’anno di indotto economico e impegna 15.000 operatori.

    -Caspita.

    Non solo: 80% di occupati in questo ramo hanno meno di trent’anni. Di fatto questo settore é uno dei pochi esempi di un’imprenditoria giovanile di successo in Italia.

    -E lei dice che questo è solo un punto di partenza.

    Senza dubbio. Secondo le nostre stime e anche secondo le pubbliche dichiarazioni dell’Agenzia Dogane Monopoli, braccio del MEF, si evidenziano risultati sorprendenti.

    -Quali?

    Se il nostro settore fosse regolamentato al meglio, stimiamo lo sviluppo di 65mila posti di lavoro, 600 milioni di indotto diretto e indiretto l’anno e 200 milioni di euro solo di gettito fiscale e accise. Secondo ADM, invece, una forchetta tra 100 e 500 milioni di indotto, solo di indotto diretto.

    -Cosa deve accadere?

    Seguano quello che accade in tutta Europa.

    -E che succede?

    Si votano norme che tendono a regolamentare, non a reprimere.

    -Il Parlamento dovrebbe intervenire?

    A me pare evidente. Anche la Cassazione ha evidenziato la necessità di un intervento da parte del Parlamento, al fine di colmare questa zona grigia. Lo Stato, in teoria, dovrebbe tutelare noi e il nostro diritto al lavoro.

    -Come?

    Ci basterebbe iniziando a prendere atto che noi esitiamo, che vendiamo prodotti leciti, naturali, con analisi certificati da laboratori di Università e che abbiamo aperto le nostre attività legalmente.

    -E poi?

    Riflettendo sul fatto che la Nostra Corte Costituzionale abbia approvato la legittimità del quesito referendario sulla liberalizzazione della cannabis.

    -E dunque?

    Non è un bello spettacolo. Mente in tutta Europa si fanno leggi per aprire, da noi si cercano trabocchetti per chiudere. Ma non ce la faranno.

    -Quindi lei è comunque fiducioso?

    Certo. I muri cadranno.

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