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    Camilla Canepa, al pronto soccorso Tac senza contrasto ma Aifa indicava un’altra procedura

    Di Giulio Alibrandi
    Pubblicato il 17 Giu. 2021 alle 14:22 Aggiornato il 17 Giu. 2021 alle 14:33

    Camilla Canepa, al pronto soccorso Tac senza contrasto ma Aifa indicava un’altra procedura

    Camilla Canepa, la 18enne morta per una trombosi cerebrale dopo aver ricevuto il vaccino di AstraZeneca, potrebbe non essere stata sottoposta correttamente agli esami suggeriti dalle linee guida dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) quando si è recata per la prima volta in pronto soccorso. È l’ipotesi che starebbero valutando le autorità nel corso delle indagini sulla morte della ragazza di Sestri Levante, avvenuta lo scorso 10 giugno.

    Già due giorni prima del suo ricovero, la ragazza si era rivolta al pronto soccorso di Lavagna, da cui era stata dimessa dopo che gli esami a cui era stata sottoposta avevano dato esito negativo. Tra questi, secondo quanto riporta La Stampa citando fonti investigative, una Tac effettuata senza l’impiego di liquido di contrasto, una scelta che potrebbe essere stata contraria alle linee guida diffuse il 26 maggio scorso. In esse l’Aifa afferma che, in caso di sospetto di trombosi dei seni venosi cerebrali, è considerata “prima scelta” effettuare una “angio-Tac”, che consente di “studiare correttamente, con il mezzo di contrasto, i distretti venosi”.

    Secondo il quotidiano torinese, la Tac era stata effettuata dopo che i medici, informati della vaccinazione con Vaxzevria (nome commerciale del vaccino di AstraZeneca), avevano accertato che il livello delle piastrine della ragazza era inferiore a quello ritenuto “normale”.

    “Solo un approfondimento tecnico molto specifico potrà far luce con precisione sui vari spunti investigativi, in primis quello inerente la circolare Aifa sulla necessità della Tac con contrasto”, ha detto Paolo Petralia, direttore generale dell’Asl 4 di Chiavari che comprende l’ospedale di Lavagna.

    Dalle prime verifiche degli scorsi giorni è emerso che la ragazza era sottoposta a una doppia terapia ormonale, che sarebbe stata prescritta dopo il vaccino, e soffriva di piastrinopenia autoimmune, una malattia ereditaria che provoca una carenza di piastrine. Una diagnosi contestata dai genitori, che tramite il proprio avvocato hanno dichiarato che Camilla Canepa non aveva alcuna malattia ereditaria. La piastrinopenia, che non è stata citata nell’anamnesi consegnata prima della somministrazione del vaccino, figurerebbe invece nella cartella clinica dell’ospedale di Lavagna.

    La 18enne si era recata al pronto soccorso il 3 giugno, accusando un forte mal di testa e fotosensibilità, poco più di una settimana dopo aver ricevuto una dose del vaccino di AstraZeneca. Il 25 maggio aveva infatti partecipato a uno degli open day organizzati dalla regione Liguria e aperti anche ai più giovani, nonostante la raccomandazione delle autorità sanitarie di somministrare il vaccino a persone di età superiore a 60 anni.

    Secondo quanto dichiarato dalla regione Liguria e dal Sistema sanitario regionale (Alisa) dopo il suo ricovero, il 5 giugno è tornata in pronto soccorso riportando deficit motori a una parte del corpo. Questa volta la tac cerebrale ha rilevato un’emorragia, portando al trasferimento immediato al reparto di neurochirurgia del San Martino di Genova, dove è stata sottoposta a due interventi chirurgici.

    Il caso ha riaperto il dibattito sui rischi legati ai vaccini a vettore adenovirale e ha portato a un nuovo cambio di orientamento da parte delle autorità sanitarie sull’utilizzo del vaccino di AstraZeneca, associati in casi rari a trombosi.

    La scorsa settimana il ministero della Salute ha “fortemente raccomandato” l’utilizzo del vaccino di AstraZeneca alle persone di età superiore a 60 anni, riservando ai più giovani i vaccini a Rna messaggero come quelli prodotti da Pfizer e Moderna, anche a chi ha già ricevuto una prima dose del vaccino di AstraZeneca.

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