I tamponi e i vaccini per il Covid, secondo l’accusa, venivano somministrati non nel rispetto della reale necessità, ma in base a rapporti di amicizia e parentela. Si tratta solo dell’ultima accusa nei confronti del dottor Vincenzo Cesareo, interdetto per 12 mesi dalla professione e indagato per truffa, falso in atti pubblici e turbata libertà nella scelta del contraente, il quale da tempo avrebbe usato mezzi e bilanci degli ospedali di Cetraro e Paola di cui era direttore sanitario per scopi a dir poco personali.
Nell’ordinanza di oltre 600 pagine dei magistrati della Procura di Paola guidata da Pierpaolo Bruni, Cesareo avrebbe portato avanti la sua attività professionale mosso non dai regolamenti pubblici, ma da interessi privati. I carabinieri dei Nas di Cosenza per circa dieci mesi lo hanno seguito e intercettato, scoprendo comportamenti tutt’altro che irreprensibili.
Il direttore sanitario degli ospedali di Cetraro e Paola, nel cosentino, anche durante i mesi più duri del lockdown per la pandemia utilizzava i mezzi dell’ospedale come fossero di sua proprietà. In una Rsa c’è un focolaio? Lui pensa bene di dedicarsi allo shopping. “Trovate i letti. Trovate, se è il caso, i ventilatori. Preparate tutto perché potrebbero arrivare pazienti, se non arrivano da Cosenza, arrivano dal territorio”, lo incalza al telefono la commissaria straordinaria dell’Azienda sanitaria provinciale di Cosenza, Cinzia Bettellini. Ma a lui quell’allarme non sembra fare né caldo né freddo. “Che me ne fotte di via Alimena (sede dell’Asp) – dice ridendo ad un altro interlocutore – vado per corso Mazzini, in quel negozio nostro che ci sono belle svendite”.
In altre intercettazioni, Cesareo viene contattato per dei problemi o delle riunioni, ma lui è al mare o al ristorante, e per non essere disturbato finge di avere altri incontri in corso. Il dottore sfruttava poi più e più volte il suo ruolo per far fare tamponi e vaccini per il Covid ad amici e parenti, in barba alle priorità previste dal piano vaccinale. “L’ha fatto fare a tutti quelli della squadra di pallone di Fuscaldo”, si lamenta in un’intercettazione un dipendente dell’ospedale.
E non è certo l’unico caso. Secondo gli inquirenti sono decine le occasioni in cui ha permesso l’esecuzione di tamponi “totalmente avulsa da qualsiasi urgenza” rendendo “lapalissiano che il comportamento del Cesareo appaia come un favore personale”. Lo hanno fatto gli operai in arrivo da fuori regione impiegati nel cantiere di un amico, un ragazzo che doveva fare l’esame da bagnino e un altro che doveva presentare il test per lavorare fuori regione, le badanti reclutate da conoscenti per assistere anziane, gli amici degli amici. Cesareo dice di sì a tutti, che il tampone si fa a “tutti, tutti anche i gatti”.
Elementi che, spiegano i magistrati, mostrano “la chiara attitudine a piegare con spregiudicatezza e disinvoltura la gestione di posizioni e utilità di rilievo pubblico a fini privati” e la concreta possibilità che tali comportamenti si ripetano all’infinito. Amici e parenti di Cesareo non dovevano neppure rispettare le infinite liste di prenotazione per visite ed esami. Bastava una chiamata del potente direttore sanitario e in pochi giorni tutto era fatto. Dove non poteva arrivare lui, dava “preziosi” consigli a chi gli chiedeva aiuto. Ad un uomo che aveva necessità di una Tac al gomito da portare a Bologna dove da tempo aveva in programma un intervento, Cesareo suggerisce: “Vai al pronto soccorso, dici che sei caduto, ti fa male e te la fai fare. Ci sono io. Eventualmente mi chiami tanto io alle otto meno un quarto sono qua”. Ed in effetti quando la dottoressa di turno si mette di traverso perché “c’è un iter medico che va seguito” è Cesareo a contattarla personalmente per obbligarla a prescrivere l’esame richiesto.
Anche l’auto dell’ospedale era di fatto sua proprietà. La usava per scarrozzare parenti e amici, per andare a fare la spesa spostandosi in tutta la zona per raggiungere caseifici, macellerie e negozi, per lo shopping nei centri commerciali, gite fuori regione o visite a località turistiche alla ricerca di ristoranti e agriturismi. Il 4 settembre, ad esempio, la Panda del nosocomio finisce addirittura a Napoli per una passeggiata in centro, per poi fare tappa all’Ikea per fare acquisti sulla via del ritorno. “La prassi di utilizzare l’auto dell’ufficio per ragioni private e personali – si legge nelle carte – lungi dall’essere trascorsa o risalente, è pienamente attuale, collaudata e sistematica”. Uno “spregiudicato uso della cosa pubblica” lo definiscono i magistrati. Per questo, in attesa della conclusione dell’inchiesta, Cesareo è stato sospeso dall’attività medica per almeno 12 mesi.
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