Calabria, l’ospedale chiuso occupato da 40 giorni
Sono trascorsi 40 giorni da quando gli attivisti dell’Associazione “Le Lampare” di Cariati, paese calabrese del Basso Ionio cosentino, 60 chilometri a nord di Crotone, hanno deciso di occupare l’Ospedale Vittorio Cosentino, chiuso 10 anni fa in seguito ai tagli decisi dal piano di rientro varato l’anno precedente: 104,304 milioni di debiti che hanno portato allo stop di ben 18 ospedali in una Regione di oltre un milione di persone. Nel frattempo il debito è rientrato di soli 6,29 milioni, come certificato dalla Corte dei conti il 10 dicembre scorso.
In questi dieci anni gli abitanti di Cariati e della costa ionica che va da Crotone a Rossano, e poi salendo verso nord fino a Policoro, sono rimasti scoperti, con livelli di assistenza minima e un solo ospedale – quello di Rossano – in circa 200 chilometri di strada. Che adesso con l’emergenza Covid non è più in grado di accogliere pazienti sebbene la maggior parte di questi percorra ore in auto o in ambulanza dai paesi della Sila greca, del Basso Ionio o dell’Alto cosentino per raggiungere un Pronto Soccorso.
Il tutto sulla SS 106, l’interurbana che collega l’Italia alla parte ionica della Calabria sino a Reggio, soprannominata dai locali “la strada della morte”. Su quell’asfalto a due corsie può succedere di tutto, e una volta arrivati a Rossano si può attendere fino a sei ore o un’intera notte prima del ricovero, con il rischio di essere rimandati in un altro ospedale.
L’occupazione dopo 10 anni di emergenza
Il 19 novembre gli attivisti di Cariati hanno deciso di approfittare di un momento in cui i riflettori sono stati puntati per la prima volta sulla loro Regione – durante il tira e molla del governo sulla nomina del neo commissario straordinario alla Sanità, Guido Longo – per rompere il silenzio su un’emergenza che esisteva ben prima che la pandemia esplodesse. “Con l’occupazione del Vittorio Cosentino abbiamo deciso di riaprire una partita che sembrava chiusa da 11 anni”, spiega a TPI Mimmo Formaro, attivista de Le Lampare.
“In Calabria manca una rete ospedaliera degna di un Paese civile: ci sono 0,9 posti letto ogni 1.000 abitanti contro una media nazionale di 3 ogni mille”, aggiunge. Così decine di abitanti di Cariati e dei paesi limitrofi che vivono la stessa emergenza si sono uniti alla protesta, e insieme agli altri attivisti non hanno lasciato il presidio nemmeno di notte, nemmeno a Natale, e se non accade nulla prima non lo faranno neanche il 31 dicembre.
Ospedale smantellato e fondi pubblici ai privati
La loro rabbia è doppia: il Vittorio Cosentino rappresentava una delle eccellenze della Sanità pubblica regionale calabrese ed è rimasto fermo per 10 anni mentre le cliniche e i gruppi privati convenzionati della provincia di Cosenza e Crotone hanno ricevuto tra i 30 e gli oltre 50 milioni di euro l’anno in fondi pubblici. Senza poter garantire prestazioni d’urgenza. Mentre a Cariati non c’è un Pronto Soccorso.
“Se hai un qualsiasi problema e vieni al Vittorio Cosentino, trovi un punto di intervento che però è un punto di smistamento che può portare a Rossano, a Castrovillari o altrove, non sai nemmeno tu dove. Così 7 su 10 rifiutano i soccorsi. Alcuni preferiscono quasi lasciarsi andare per non andare in giro per la Calabria in cerca di un posto letto, è umanamente insopportabile”, racconta Mimmo con la voce spezzata.
Oggi l’ospedale di Cariati ha appena 10 posti di Rsa mentre nel 2009 ne poteva garantire 120. Non ci sono più i reparti di Medicina, chirurgia, cardiologia, ostetricia e pediatria. “Quando è stato costruito il Vittorio Cosentino offriva sanità pubblica per un numero di cittadini che girava intorno alle 90mila unità in un territorio che d’estate triplicava i residenti, in alcune zone le quadruplicava”, ricorda Formaro.
“Cariati era diventato un punto di riferimento, ma la chiusura dell’ospedale ha ridotto anche l’indotto. Da Crotone a Rossano i bambini venivano a Cariati perché la qualità era alta, era ritenuto il migliore per il personale e le infrastrutture”. Adesso il 70 per cento della struttura è inutilizzata. Un vero spreco in un momento in cui anche pochi letti in più avrebbero cambiato la situazione, o salvato la vita a qualcuno.
Morire in attesa di un posto letto o rinunciare alle cure
“Una settimana fa è morto per trauma pneumologico un anziano che aveva bisogno di essere ricoverato dopo l’attesa di una tac all’ospedale di Rossano”, racconta Nunzio Funaro, un altro protagonista dell’occupazione che da sempre si batte per ravvivare il territorio di Cariati. L’uomo aveva 82 anni e arrivava da un altro comune della costa ionica il cui nosocomio è stato chiuso dopo i tagli, quello di Trebisacce. Dopo sei ore di attesa al Giannettasio di Rossano una tac aveva mostrato che era necessario un ricovero d’urgenza, ma nell’Ospedale non c’erano posti in pneumologia.
Così è stato trasportato a Cosenza, dove il suo cuore ha cessato di battere. “Se solo ci fosse stato un piccolo ospedale con un rianimatore quella persona si sarebbe salvata. Non sarebbe stato opportuno trasferirla in altri ospedali e le cure sarebbero state immediate”, ha spiegato dopo il decesso Franco Mundo, sindaco di Trebisacce.
Gli scompensi creati dall’assenza di una rete ospedaliera per acuti sono molteplici e riguardano anche i pazienti oncologici, la ginecologia o i servizi di prevenzione, a cui, ripete Mimmo, molti pazienti rinunciano pur di non incorrere nell’attesa e nel percorso a ostacoli verso un ospedale pubblico, con conseguenze che si vedranno nel lungo termine, quando le malattie non diagnosticate per tempo insorgeranno in una fase più acuta.
La politica è ferma
Nel frattempo la politica è sorda o tentenna. Il viceministro della Salute Pierpaolo Sileri ha definito il presidio di Cariati indispensabile per “la riorganizzazione della rete ospedaliera per acuti”, ma per gli attivisti è ancora difficile entrare in contatto con il ministro Roberto Speranza, l’unico che può affermare la volontà politica di reinserire il Vittorio Cosentino nella rete ospedaliera in un momento in cui la Regione è ferma.
Il neo commissario straordinario alla Sanità Guido Longo non ha ancora effettuato un sopralluogo, in attesa di formare la squadra commissariale, mentre Gino Strada ha dichiarato che Cariati è il punto giusto da cui partire per garantire nuovamente il diritto alla salute. Ma per Funaro se la squadra di Longo sarà composta dagli stessi personaggi che hanno gravitato intorno al sistema sanitario negli ultimi anni, poco o nulla cambierà a Cariati.
“In questi anni il debito non è rientrato e i fondi sono andati al privato. Se Longo imposta la squadra con gli stessi, sarà un problema”, dice. Ad eccezione di qualche consigliere regionale che si è impegnato a denunciare la situazione e a portare i dossier sul tavolo del ministero, gli amministratori locali hanno sminuito l’emergenza, denunciato l’assenza di risorse per riaprire l’ospedale o fatto finta di niente. “Tutti aspettano che si spengano i riflettori”, continua Nunzio.
Per questo è necessario che Roma intervenga adesso: il timore è che quando l’emergenza sanitaria legata al Covid sarà rientrata, Cariati resterà di nuovo sola. “Mentre altrove si inizierà a essere più rilassati – conclude Mimmo – qui se non si interviene ora, mentre l’emergenza sanitaria è ancora al centro dell’attenzione di tutti, non si farà mai niente”.
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