Caduta verticale, il libro di Emanuele Fucecchi sul caso David Rossi | La recensione di Luca Telese
Nero, come un bilancio in nero. E nero, nerissimo, come un albo di Diabolik. Nero nel contenuto, nero nel tratto, nello stile, nell’epilogo tragico e funerario, che si abbatte con la forza di un tratto di pennarello nero china sull’impianto di un vicolo: “Caduta verticale“, di Emanuele Fucecchi (Aliberti, 17 euro) ha la leggerezza del fumetto, la densità della graphic novel, la complessità di un saggio e il ritmo di un romanzo drammatico.
Una possente architettura di racconto che nasce intorno al giallo che è nato dopo il “suicidio” (?) di David Rossi, uno degli uomini più potenti del sistema bancario italiano, un uomo di collegamento fra l’economia e la politica. Un uomo che da morto, proprio per questi motivi, è diventato scomodo per tutti.
Confesso, deve essere una mia colpa, che prima di questo libro non mi ero mai davvero interessato alla vicenda di David Rossi, ai dubbi sulla natura del suo suicidio, alle tante incongruenze di perizie e ricostruzioni giudiziarie. Avevo seguito da ascoltatore di tg e da lettore di giornali, che arrivava a quelle pagine già sazio, o certo di non trovare nulla di imperdibile. Tutta la vicenda – lo scandalo del Monte dei Paschi, le implicazioni del delitto – mi apparivano tanto lontane dai miei interessi al punto da non sentire il bisogno di approfondire: non avevo letto, pur intuendone lo spessore e la documentazione corposa, né il libro di Davide Vecchi, né quello di Sergio Rizzo.
Non avevo visto i servizi delle Iene o di Report. Poi, pochi giorni fa, ho preso in mano “Caduta verticale” e sono rimasto avvinto: il formato sembra quello di un fumetto Bonelli, la tessitura della trama, la capacità di spaziare, di ricreare atmosfere sembra quella di un grande film americano. Ha ragione Marco Travaglio quando scrive, nella lunga prefazione al volume: “Questa è la trama del labirinto che un illustratore moderno e sopraffino, un artista del fumetto come Emanuele Fucecchi cerca di seguire con la sua matita soffermandosi sugli uomini e sulle storie, sulle crepe del sistema e sulle ferite dei volti”.
Anche la scrittura di Fucecchi è agile, icastica, adeguata a questo registro: “Si diceva in città che Mussari avesse due amici: di uno aveva sposato la moglie. Dell’altro la poltrona”. Nelle mani di Manolo, disegnatore della politica nazionale con origini senesi, la piccola storia si fa subito grande. E così le immagini diventano il contrappunto di una tessitura ampia intorno al tema della grande crisi della finanza: “Come narra il proverbio: i nuotatori senza costume si vedranno solo quando si abbasserà la marea”.
Ed ecco perché il caso Rossi questa volta diventa avvincente anche per me: perché la matita del disegnatore e il suo lavoro di intesi collega Mps alla tortuosa saga della crisi delle banche italiane, rendendo tutto molto chiaro e poco specialistico. E subito dopo collega la saga delle banche italiane alla politica nazionale, rendendo tutto molto lineare. E infine collega la politica nazionale e la crisi economica al grande armageddon di Lehman Brothers.
Ecco perché, quando inizi a leggere “Caduta verticale” vuoi arrivare in fondo a quel vicolo, ecco perché incolli l’occhio alla telecamera numero sei con il suo gioco di ombre che diventa tratteggio di matita e ombre, ecco perché la guerra delle perizie si fa improvvisamente una narrazione avvincente: perché grazie a questa connessione diventa un frammento di un quadro molto più complesso e utile.
Nelle mani di Fucecchi questa storia lievita due volte: la prima perché quello che sapevamo già – magari in anni era frammentario – acquista un senso. E la seconda perché quello che ignoravano del tutto – e che il disegnatore ci mostra – lo completa. A pagina 93 – per dire – si ripercorre l’epopea di Mario Draghi, a pagina 111 si fa didascalicamente lezione su Cdo, derivati e Swap, a pagina 141 si entra dentro il calvario di un uomo: le ultime ore di vita di Rossi ricostruite attraverso la sequenza concitata dei suoi messaggi. Da pagina 165 in poi siamo dentro un legal thriller che si mette a martellare sulle tante incongruenze: i segni sul corpo, la postura del cadavere, la dinamica innaturale di quella caduta, la macchina con i fari, gli uomini, come fantasmi nella notte, che sono passati accanto al cadavere di Davide.
L’inchiesta del tutto inverosimile – poi consumata con un proscioglimento – che colpiscono la moglie e Vecchi: non i mandanti o gli esecutori, ma la famiglia e il giornalista inchiestista. Fucecchi non sposa tesi, non cede alla tentazione di giocare a Perry Mason: apre metaforicamente i faldoni, viviseziona le perizie estraendone gli elementi e illuminandole, lascia al lettore l’onore (o il diritto) di farsi una idea da se. L‘unico difetto di questo libro è che quando lo finisci ne vorresti leggere subito un altro uguale.