È stato condannato a 24 anni di reclusione Oussenyou Sy, il 47enne che il 20 marzo 2019 dirottò e incendiò un pullman a San Donato Milanese. A bordo c’erano 50 studenti della scuola media “Vailati” di Crema, due insegnanti e un’operatrice scolastica (Qui il profilo di Sy). La Corte d’Assise di Milano ha riqualificato oggi, 15 luglio, il reato di strage in quello di attentato e ha accolto la richiesta della procura, riconoscendo le “finalità terroristiche” del suo gesto.
I capi di imputazione
Solo una settimana fa il pm Luca Poniz aveva chiesto di condannarlo a 24 anni e aveva riformulato uno dei capi di imputazione, ipotizzando che il sequestro del mezzo fosse avvenuto proprio con l’aggravante del terrorismo. “Ci eravamo messi nelle mani della giustizia e siamo soddisfatti”, hanno dichiarato i genitori di alcuni dei ragazzi presenti in aula, mentre i legali di Sy hanno già annunciato di voler ricorrere in appello.
I risarcimenti
La sentenza è stata emessa al termine di oltre quattro ore di camera di consiglio. I giudici hanno disposto nei confronti dell’imputato anche il versamento di provvisionali per quasi 2 milioni di euro. Dovranno pagarle anche Autoguidovie – la società proprietaria del bus dirottato – e il ministero dell’Istruzione in quanto responsabile civile degli allievi durante l’orario scolastico. Previsto in particolare un versamento di 25mila euro per ognuno degli studenti – fatta eccezione per uno di loro che non ha fatto richiesta – e di 3mila euro per ciascuno dei genitori. Sy dovrà versare anche una provvisionale di 35mila euro ad uno dei professori, 25mila euro al secondo docente coinvolto nella vicenda e 25mila euro alla bidella, nonché 10mila euro al Comune di Crema che si è costituito parte civile. Sy dovrà infine versare 150mila euro di provvisionale a Autoguidovie. La sentenza prevede anche l’interdizione perpetua del condannato e la misura di sicurezza della libertà vigilata per altri tre anni dalla fine della pena.
Le parole dell’autista
Prima della lettura della sentenza l’uomo preso la parola in aula per una dichiarazione spontanea, ribadendo ancora una volta perché quel giorno decise di mettere a rischio la vita dei 50 studenti, poi salvati anche grazie alla prontezza di Ramy e Adam, i due ragazzi che hanno chiamato i soccorsi e a cui poi il governo gialloverde ha concesso la cittadinanza italiana.
“Ricordatevi che il mio gesto aveva solo lo scopo di salvare vite umane, perché non se ne poteva più. Tutti i giorni vedevo orrori”, ha dichiarato Sy spontaneamente in aula, riferendosi ai migranti morti nel mediterraneo. Nel rivolgersi alla Corte ha poi accusato i magistrati per non aver “speso una parola sulla nave Gregoretti”, quando ci furono “persone che sono rimaste per giorni in mare. Il fatto che siano rimasti in silenzio li ha resi complici, perché il silenzio uccide“. Il 47enne ha definito l’allora ministro dell’Interno un “piccolo Duce” e ha giudicato “abnorme e ingiusta” la richiesta della pena avanzata dall’accusa.
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