Brescia e Bergamo hanno il tasso di mortalità da particolato fine (PM 2,5) più alto in Europa. Lo dice uno studio condotto dai ricercatori dell’Università di Utrecht, del Global health institute di Barcellona e del Tropical and public health institute svizzero. E i risultati, pubblicati sulla rivista “The Lancet Planetary Health”, non promettono bene neanche per altre città italiane. Come detto, Brescia e Bergamo sono infatti in testa alla non invidiabile classifica di morti da particolato Pm2,5 prevenibili: se si seguissero le linee guida dell’Oms (Organizzazione mondiale della sanità) rispetto ai valori di polveri sottili Pm 2,5 (quelle con diametro inferiore rispetto al Pm10, e che dunque penetrano più in profondità arrivando nei polmoni e nei bronchi), si potrebbero evitare 232 decessi all’anno a Brescia e 137 a Bergamo.
Tra le prime dieci ci sono anche Vicenza (al quarto posto) e Saronno (all’ottavo). Lo studio, finanziato dal Ministero per l’innovazione spagnolo e dal Global health institute, analizza anche la mortalità da biossido di azoto (NO2): “Il più alto tasso di mortalità da No2 è stimato per grandi città e capitali nell’Europa dell’Ovest e del Sud”, si legge. È Madrid, in questo caso, la città in testa alla classifica, ma due città italiane figurano tra le cinque peggiori in quanto a tasso di mortalità: sono Torino (al terzo posto) e Milano (al quinto posto), dove rispettare i valori di No2 fissati dall’Oms consentirebbe di evitare 103 decessi ogni anno.
Lo studio pubblicato su Lancet prende in considerazione i decessi da Pm2,5 e da biossido di azoto (No2) in circa mille città europee, rivelando che attenersi alle linee guida dell’Oms potrebbe ridurre in generale 51mila decessi all’anno per quanto riguarda il Pm2,5 e 900 morti all’anno per esposizione a biossido di azoto. “La più alta mortalità da Pm2,5 è stimata per le città nella Valle del Po (nord Italia), Polonia e Repubblica Ceca”, si legge nello studio.
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