Verona, chiuso l’Ospedale pediatrico per il batterio killer
Un batterio killer misterioso che si aggirerebbe all’Ospedale della Donna e del Bambino di Verona da oltre un anno, sta costringendo i responsabili sanitari a chiudere la struttura. Il primo caso risale al 2019, quando Nina, una bambina nata prematura ad aprile nel reparto di ostetricia del Borgo Trento di Verona, è morta a novembre all’ospedale Gaslini di Genova per un’infezione da batterio che le aveva colpito il cervello. Oggi il quotidiano locale l’Arena ha riportato che, secondo la perizia, la piccola è stata uccisa dal citrobacter, infezione contratta nel reparto di ostetricia veronese. E adesso il responsabile, Francesco Cobello, ha deciso di chiudere il punto nascite, e di trasferire la Terapia Intensiva neonatale e la Terapia intensiva pediatrica in altri reparti, come quelli del Negrar, di Villafranca Veronese e San Bonifacio, insieme a una cinquantina di infermieri e operatori socio sanitari.
Una decisione unica per uno dei principali poli pediatrici in Italia, dove, stando ai racconti delle madri raccolti da L’Arena e dal Fatto Quotidiano, sarebbero morti almeno altri tre bambini a causa dello stesso batterio killer. Intanto il responsabile ha affermato che altri 12 bambini risultano positivi. “Ho preso questo provvedimento per la contemporaneità di casi in modo da evitare qualsiasi rischio di contaminazioni e per procedere ad un nuovo intervento di sanificazione per bonificare la struttura. I casi positivi registrati da noi sono una dozzina, ma solo un neonato risulta colpito dall’infezione. Il Coronavirus insegna che è opportuno e necessario prevenire qualsiasi pericolo, per questo anche i parti non avverranno da noi ma saranno dirottati in altre strutture ostetriche del territorio”, ha detto Cobello. Ma per le madri dei piccoli colpiti potrebbe essere tardi, e ad approfondire la vicenda adesso sarà una commissione esterna, mentre sulla morte di Nina indaga la Procura di Genova.
“Non si tratta di un caso” ha dichiarato Francesca Frezza, la madre di Nina, citando il responso delle perizie eseguite da Francesco Ventura, docente di Medicina legale all’Università di Genova, e Davide Bedocchi, incaricato dalla famiglia. “Ci sono altre famiglie coinvolte. Dopo la morte di mia figlia sono stata contattata da tre mamme. Anche i loro figli hanno avuto infezioni da citrobacter. Poco tempo fa è morto un bambino di sei mesi di Verona. Un altro, nato nello stesso periodo di Nina è in stato vegetativo. Un terzo, che ho visto con i miei occhi in terapia intensiva mentre c’era mia figlia ricoverata, è morto lo scorso luglio”, ha detto Frezza al Fatto Quotidiano. “È tutt’altro che un caso singolo, anche se a me è sempre stato ripetuto che si trattava di un caso isolato e che il precedente risaliva a cinque anni prima. Ma le perizie medico legali sono chiare: il contagio è avvenuto in terapia intensiva e dato che il citrobacter si trasmette dalle urine e dalle feci qualcun altro ce lo doveva avere nello stesso reparto”, ha aggiunto la donna.
Leggi anche: 1. Batterio killer uccide 12 persone in Inghilterra: “Epidemia in corso” 2. Coronavirus, medico di Verona nasconde la compagna nel bagagliaio per andare alla festa del figlio: “Era solo per divertirci”