Nuovo incendio a Centocelle: brucia il Baraka Bistrot
“Il sistema mafioso ha occupato Centocelle, nel silenzio assordante delle istituzioni”, spiega ai microfoni di TPI Giuseppe De Marzo, responsabile nazionale di Libera contro le Mafie, commentando il nuovo rogo che ha colpito il “Baraka Bistrot”, un bar in via dei Ciclamini, dato alla fiamme nella notte del 9 novembre, dopo l’incendio alla libreria “La Pecora Elettrica” di soli tre giorni prima.
Una pista di cui si è molto parlato sulla stampa lega gli incendi al fatto che i locali siano luoghi dichiaratamente antifascisti. Il Baraka Bistrot nei giorni scorsi aveva espresso pubblicamente solidarietà a La Pecora Elettrica condividendo un post sui social network.
Tuttavia, questa ipotesi non è la sola al vaglio degli investigatori. Esiste infatti una pista secondo cui questi locali in zona Centocelle avrebbero disturbato un giro di spaccio in un parco vicino e quindi i gruppi criminali starebbero reclamando il controllo del territorio. Giuseppe De Marzo spiega come la criminalità ha messo le mani su Centocelle negli ultimi dieci anni.
I cittadini non si arrendono e questo, nella gravità della situazione, è un fatto estremamente positivo. Noi di Libera lo continuiamo a dire: non è attraverso la stretta securitaria e la militarizzazione del quartiere che si possono risolvere problemi complessi come in questo quadrante est della città e in fondo in tutta la Capitale stessa.
Bisogna invece cercare di comprendere cosa c’è davvero dietro condizioni così favorevoli alla penetrazione di fenomeni criminali. Nel momento in cui non vengono garantiti diritti certi ai cittadini, penso ai servizi sociali, all’educazione, ai trasporti… In quel momento l’elemento mafioso diventa devastante nel quartiere.
Le mafie hanno la possibilità di fare dumping, di investire miliardi di euro nella capitale delle diseguaglianze, disarticolando una organizzazione del commercio giusta e bene organizzata.
Il vero punto negativo è l’assenza assordante delle istituzioni. Questa giunta che si è presentata in nome del cambiamento rappresenta la restaurazione di un clima che per chi come noi fa antimafia sociale non avrebbe mai voluto rivivere.
Ci sentiamo soli, i corpi sociali intermedi invece di essere ascoltati come alleati naturali per sconfiggere la criminalità dalla sindaca Raggi vengono addirittura attaccati. Sono stati profondamente indeboliti.
Attraverso norme e leggi. Cosa fanno i ministri, i parlamentari, gli assessori? Ecco la giunta che sta governando ora ha tagliato più di 100milioni di euro alle politiche sociali in due anni e mezzo.
Questi posti sono un presidio di cultura, mutualismo e socialità. Esattamente le armi che noi abbiamo a nostra disposizione per costringere le mafie e il malaffare.
La cultura e la partecipazione possono sconfiggere il razzismo e la criminalità. È quando c’è il vuoto, quando diventiamo tutti più ignoranti e indifferenti che le mafie si fanno forza.
Quando si diventa poveri in termini culturali e materiali prevale la paura e allora entra in gioco un rischio per la democrazia. Ecco, noi vorremmo che la democrazia fosse ancora lo strumento che mette paura ai forti e agli arroganti.
Al di là della lettura emotiva e alla solidarietà verso le persone che sono state attaccate, hai ragione bisogna vedere i piani di zona per capire come si possono muovere gli interessi economici in questo quartiere.
Immaginare uno sviluppo di un quartiere solo attraverso centri commerciali è una follia. Perché il commercio è importante, ma serve anche altro. Sono importanti gli spazi sociali, le parrocchie, gli asili nido, i parchi dove le famiglie portano i bambini.
Mi chiedo: quanti insegnanti per abitante ci sono in questo quadrante? La risposta è devastante. Il V Municipio è il secondo municipio più povero di Roma. Immaginare lo sviluppo dove non si garantisce il lavoro, ma si ritorna solo ad un certo tipo di commercio significa dare spazio più a una rendita fondiaria e quindi essere interessati a una politica basata sul mattone e sul decoro. Ma mattone, decoro e politiche securitarie insieme producono la sterilità di un territorio.
Ecco, bella domanda: chi controlla la città? Roma è ormai nelle mani della mafia, anche se la magistratura ha deciso che nella capitale non si chiama così.
Da economista, posso fare una valutazione degli ultimi 10 anni. In questa città ci sono 136mila NEET, giovani che né studiano né lavorano, che sono senza futuro. Cosa andranno a fare secondo voi? Cercano lavoro e non lo trovano, sono precari e non hanno diritti…Per chi lavoreranno?
La direzione distrettuale antimafia (Dia) ha detto che in 10 anni i clan sono diventati 94 in 100 piazze dello spaccio. Ecco, allora il taglio estremo alle politiche sociali è stato o no un aiuto alle mafie e alla corruzione?
Dieci anni di crisi hanno cambiato radicalmente la capitale d’Italia che è ogi la capitale delle diseguaglianze sociali e della corruzione in cui c’è un’immensa zona grigia.
Attenti a dire che il tema delle mafie è solo nei gruppi criminali, il tema è la zona grigia, dove convergono interessi privati. A chi conviene a Roma il fatto che si facciano i furti ai negozianti?
Sia chiamo che la militarizzazione schiaccia e non risolve. Le mafie proliferano e noi abbiamo il dovere di dire no a questo. Follia sarebbe passare dall’assenza delle istituzioni, all’assenza della società civile per via della repressione della polizia.
Non ci sono. La Raggi non si è fatta vedere, gli assessori non rispondono. Chiederemo conto anche alla ministra dell’Interno Luciana Lamorgese.
Se noi ci facciamo prendere dalla paura, significa che la politica non è più in grado di modificare la mia condizione materiale e esistenziale.
È gravissimo quello che sta succedendo, che la politica batta un colpo.