Mercoledì 8 maggio, in una scuola media di Treviso, si è verificata una scena surreale. A bordo di uno scuolabus, un ragazzino italo-senegalese di 11 anni è stato vittima di gravi episodi di discriminazione da parte di due compagne più grandi di lui che gli hanno intimato di sedersi nei posti davanti perché nero.
“I negri si siedono davanti, i bianchi dietro“, hanno esordito le due giovani.
A denunciare l’accaduto è stata la madre del ragazzo, che ha raccontato i fatti in un post su Facebook.
“Cara Italia”, esordisce Vania Fedato, “Ieri mio figlio è stato bullizzato nel pulmino della scuola (media). Oltre a essere stato malmenato da due ragazzine più grandi di lui, una di esse gli ha detto ‘i negri si siedono davanti, i bianchi dietro'”.
La donna fa riferimento al fatto che l’autista aveva invitato il ragazzo italo-senegalese a sedersi dietro, cioè nei posti più ambiti dai “grandi”, visto che davanti si siedono i bambini delle elementari.
Secondo quanto riportato dal Corriere del Veneto, il bambino si è diretto verso uno dei posti rimasti liberi in fondo al bus, come suggerito dall’autista. Prima di arrivare, però, gli è stata sbarrata la strada da un’alunna, che gli ha rivolto la frase insultante. Quando, alla fermata successiva, è salita l’amica, le due hanno cominciato a spintonarlo e a spingerlo verso lo sportello, fino a a costringerlo a inginocchiarsi a terra.
“Mio figlio ha detto che non si è difeso sennò rischiava di far loro del male, e perché aveva paura di passare dal torto”, continua la mamma della vittima nel post.
I fatti sono stati denunciati alla presidenza della scuola e sono arrivati fino alle orecchie del sindaco, che ha convocato le due ragazze e i loro genitori per far loro comprendere la gravità delle loro azioni.
Le due si sono difese affermando “di non aver pronunciato quella frase con intenti razzisti e di averla detta perché proprio in questi giorni stanno studiando la storia di Rosa Parks, che negli anni Cinquanta si rifiutò di cedere il posto a una passeggera bianca, su un autobus degli Stati Uniti.
A ben vedere, però, il riferimento storico addotto dalle due alunne non le giustifica affatto, anzi, aggrava (se possibile) la loro posizione. Rosa Parks è infatti uno dei simboli della lotta contro le discriminazioni razziali e fu proprio il suo gesto ad aprire la strada alla fine dell’Apartheid negli Stati Uniti.
Vale quindi la pena riportare brevemente cosa avvenne: il primo dicembre 1955, in Alabama, Rosa Parks prese un bus per tornare a casa, come faceva tutti giorni. Dal momento che l’unico posto libero si trovava nell’area riservata ai bianchi, la donna decise sedersi lì, pur sapendo che la legge lo vietava. Quando le fu intimato di alzarsi e di tornare nell’area riservata ai “negri” (in fondo), Rosa Parks si rifiutò di obbedire.
A causa del suo rifiuto, Rosa Parks venne arrestata, ma quella stessa notte la comunità afroamericana, guidata da Martin Luther King, intraprese un’azione di protesta boicottando i mezzi pubblici di Montgomery.
Per questo motivo, il gesto di Rosa Parks e il suo successivo impegno sono passati alla storia come un simbolo della difesa dei diritti civili uguali per tutti.