AstraZeneca, l’assessore D’Amato: “Nel Lazio il 10% di persone rifiuta il mix di vaccini”
Sul caso AstraZeneca il Lazio non vuole imboccare una strada alternativa a quella del governo, ma si sente in dovere di rispondere alle paure dei cittadini che non credono nel valore scientifico delle scelte di Aifa e Cts. Questo il messaggio che l’Assessore alla Sanità della Regione Lazio, Alessio D’Amato, lancia in un’intervista al Corriere della Sera.
La Regione reputa insufficienti le informazioni del Ministero della Salute a supporto del via libera alla vaccinazione eterologa, e ritiene possibile dare agli under 60 già vaccinati con una prima dose di AstraZenea la chance di completare il ciclo di immunizzazione con lo stesso siero. “Siamo stati i primi a rispondere ai piani vaccinali. Ogni giorno immunizziamo circa 64 mila cittadini. Non solo siamo stati coerenti con le strategie nazionali, ma il ritmo delle somministrazioni non è rallentato neppure quando altrove gli appuntamenti saltavano per il diffondersi della paura sugli episodi di trombosi”, ricorda D’Amato. “Vogliamo siano dissipati tutti i dubbi”, aggiunge.
I dubbi arrivano direttamente dai cittadini. “Riceviamo fiumi di lettere da cittadini informati, di livello culturale medio alto, specie insegnanti e docenti universitari tra 50 e 60 anni, che vorrebbero non cambiare vaccino e mantenersi su Vaxzevria in quanto non sono convinti che il mix sia sicuro. Non si possono trascurare le loro obiezioni, sono circa il 10 per cento dei vaccinandi. La maggior parte dei richiami è stata eseguita utilizzando Pfizer-BioNTech, come prescrive il ministero. Ma questi casi come li risolviamo”, si domanda l’Assessore.
“La circolare del ministero e la determina di Aifa sono discordanti: la prima è perentoria, la seconda è possibilista, basta leggere bene l’articolo 2: non esclude che il medico possa decidere in scienza e coscienza quale tipo di vaccino somministrare avvalendosi del meccanismo dell’off label (prescrizione non contenuta nel bugiardino). Oppure dobbiamo ricorrere all’obbligo”. Per D’Amato “l’obbligo è un errore” perché la via più efficace è quella della persuasione. “Non siamo nell’esercito dove bisogna rispettare gli ordini”.
“Meglio dare una doppia dose di Vaxzevria a chi la chiede, dietro la sottoscrizione di uno specifico consenso informato, che negare la seconda dose, azzardo oltretutto pericoloso visto che se la profilassi non viene completata c’è il rischio di essere infettati dalla variante Delta, la cosiddetta indiana. Un giorno potremmo essere accusati di non aver garantito adeguata protezione a chi, vaccinato a metà, si è preso il virus e ne ha riportato danni. E poi ci sono i diritti dei medici i quali mi chiedono come comportarsi”, spiega facendo riferimento ai medici che “hanno paura di essere denunciati se dispensano un tipo di vaccino diverso da quello richiesto o viceversa. Anche loro devono poter lavorare in serenità”.
Sugli Open Day regionali in cui è stata data la possibilità di vaccinarsi con AstraZeneca anche agli under 60, D’Amato spiega che, prima di istituirli, la Regione aveva ricevuto “la rassicurazione di poter dare Vaxzevria anche ai giovani”, ma ricorda di averli sospesi quando sono emersi i primi sospetti sul rischio del vaccino. “Ai maturandi abbiamo somministrato sempre Pfizer”, assicura.