Professor Crisanti, come giudica la situazione che si è determinata nella campagna vaccinale?
(Sorriso amaro). Siamo al caos più completo. Servirebbero provvedimenti drastici.
Cosa intende?
Tutto il Comitato tecnico scientifico oggi si dovrebbe dimettere. E forse, dopo di loro, anche qualcun altro.
Non va per il sottile.
Ma avete visto cosa sta accadendo? Vi rendete conto che conseguenze ci saranno per queste scelte?
Si riferisce al mix di vaccini?
A quello, ma non solo. E ad un cambio di paradigma mai verificatosi prima.
Quale?
La fonte della decisione e della legittimità scientifica viene per la prima volta cambiata. Per di più in corso d’opera.
A cosa si riferisce?
Al “trial”. Ovvero alla sperimentazione controllata, e condotta secondo rigidi parametri statistico-scientifici.
E ora?
Adesso la sperimentazione si sta facendo in presa diretta. Senza precedenti e senza rete.
Però tutti i rappresentanti istituzionali assicurano che non ci sono rischi.
Vero. Ma non rassicurante.
Il Cts prescrive il mix e sconsiglia la seconda dose di AstraZeneca.
Attenzione. Per fortuna dal punto di vista teorico e biologico non abbiamo nessun dato che ci metta in allarme. Ma bisogna anche sapere che la scala in cui questo mix viene applicato, per la prima volta è enorme.
Parliamo di un milione di italiani, infatti. Tutti in attesa del richiamo di AstraZeneca.
Appunto. Noi in realtà abbiamo già in mano uno studio di Lancet che ci parla di maggiori reazioni avverse, anche se di bassa intensità, in caso di mix di vaccini. Ma…
Parliamo di una ricerca importante, ma condotta su poco più di 800 casi.
Appunto! 812 casi è una cosa da ridere rispetto a un milione. E tutte le altre esperienze che si citano non sono nulla per un vaccino. Alcune piccole sperimentazioni, anche quelle in corso d’opera, non hanno i tempi di sicurezza.
Quindi lei dubita?
Ripeto: non c’è stato un vero trial!
Spieghiamo la differenza fra un trial e i casi che si citano ai molti italiani che in queste ore sono perplessi. Hanno già la prima dose in corpo, ma non sanno che fare adesso.
Devono sapere che non possono avere certezze. E che nessuno gliele può dare.
Non si devono fidare, intende?
Un campione quasi casuale, a prescindere dal numero dei casi, ha zero rappresentatività.
Lei sta dicendo: è come un sondaggio politico.
Certo. Bisogna costruire un campione omogeneo. Per età e per anagrafe. Altrimenti sarebbe come ipotizzare l’esito del voto politico partendo solo da Reggio Emilia.
Capisco. Quindi se non c’è una campionatura dei soggetti, l’indagine non vale.
Assolutamente si. Proprio perché i problemi delle reazioni avverse si stanno rivelando localizzati in fasce ben definite: donne, giovani, in età fertile… chiaro? Più allarghi la base dei vaccinati, più rischi di “trovare” nuovi casi. Ed è così anche per i trombi.
Lei ha letto nel dettaglio lo studio di Lancet?
Certo. Ci sono stati effetti collaterali importanti con le seconde dosi: non mortali, ma il segnale dobbiamo coglierlo.
Ma quindi lei sconsiglierebbe?
Potenzialmente io non vedo grandissimi rischi, ma è il metodo mi lascia perplesso: si interrompe ogni fonte di legittimità scientifica. Il pasticcio è stato già fatto.
Andrea Crisanti, come avete visto, non usa parole tenere per descrivere la situazione che si è creata dopo lo stop del Comitato tecnico Scientifico ad AstraZeneca. Invoca dimissioni, non risparmia giudizi netti. Ipotizza, come vedremo tra breve, una profilassi del tutto diversa. Spiega perché la morte di Camilla non era inevitabile.
Lei pensa che non si debbano prescrivere i mix di vaccini, dica la verità.
Hanno fatto un casino senza precedenti. E provo anche a spiegarle perché.
Prego. Stiamo parlando sempre delle seconde dosi?
Esatto. Metta che io sia uno di quel milione di italiani che hanno la prima dose di AstraZeneca.
Immaginiamolo.
Vado a fare la seconda dose e mi dicono: adesso puoi avere solo Moderna o Pfizer.
Adesso forse – dopo i primi annunci stanno facendo marcia indietro.
Me lo auguro, perché una imposizione non è legalmente possibile.
In che senso?
Quando tre mesi fa queste persone si sono vaccinate con la prima dose hanno firmato un documento che ha lo stesso valore legale di un contratto.
Il consenso informato?
Esatto.
Se sei il comitato tecnico scientifico e cambi idea hai la possibilità di farmi un’altra proposta.
Certo. Ma non hai la possibilità di obbligarmi! Capisci? Ma non puoi negarmi, se la voglio, una seconda dose di AstraZeneca.
La scelta di sconsigliare una seconda dose deriva dalla reazione alla morte di Camilla.
Lo so. Ma non si può decidere sull’onda dell’emozione. Non si può delegare scelte come queste a decisioni del Cts che poi nessuno spiega.
Cosa mi sta dicendo, professor Crisanti?
(Sbotta). Qualcuno si dovrà prendere la responsabilità di questo casino apocalittico!
Lei non consiglierebbe a un amico di cambiare vaccino?
Sinceramente io sarei più prudente di come ha fatto il Cts fino ad ora.
E come?
Si potrebbe mantenere la vigilanza sulla produzione anticorpale dei soggetti. E quindi arrivare fino a ottobre.
E poi?
A chi ha già una produzione anticorpale alta non inoculerei necessariamente la seconda dose.
E che si fa, però?
Sulla base di quello che ho detto prima, darei la possibilità di scegliere. Se si supera l’anno, il problema non si porrà più.
Quindi lei propone: monitoraggio, sorveglianza e … ?
Flessibilità. Ma soprattutto: nessuna coercizione. Con il monitoraggio saremmo in tempo di cambiare le indicazioni a seconda degli effetti reali del trattamento.
Ma cosa la fa arrabbiare di più?
Questa incertezza continua. Questi ripetuti cambi di rotta. Un disastro di comunicazione.
Quale?
Nessuno può più ignorare che si stanno accavallando decisioni contraddittorie e continue variazioni nella narrazione vaccinale.
E questo che conseguenze ha?
Come possono non vedere che nel lungo periodo il rischio è che perda di credibilità l’intera campagna vaccinale?
Si potrebbe obiettare: è la reazione alla morte di Camilla che ha scombinato i piani.
La povera Camilla non doveva morire. E il vero problema, nel suo caso, non è stato il vaccino in se, ma l’anamnesi.
Si riferisce al fatto che si sono scoperte dopo le patologie, le cure, e che si sarebbe dovuto farlo prima?
Esatto. Ma mi riferisco anche al fatto che l’attuale scheda di anamnesi della campagna vaccinale non è strutturata in maniera adeguata per raccogliere queste pessime informazioni.
Mi faccia un esempio:
È presto detto. Noi sappiamo che i soggetti “a rischio” sono – ad esempio – le donne giovani con problemi di coagulazione del sangue e che prendono la pillola?
È quello che è emerso dallo studio delle reazioni avverse.
Ebbene, tra i punti indicati nell’anamnesi queste due domande dirette non ci sono!
Possono uscire nel colloquio successivo.
Nulla lo esclude. Ma intanto nel caso di Camilla non è accaduto.
E la ragazza ha avviato anche una terapia ormonale, senza dirlo ai medici.
Esatto: tutto questo lavoro preparatorio, come abbiamo drammaticamente imparato, non è emerso in alcun modo.
Ma come è possibile?
Io so che la scheda di anamnesi doveva essere validata dal Comitato tecnico scientifico. Ma so anche – per certo – che così non è stato.
In che senso?
Non ne hanno mai discusso. E questo è grave, perché in una campagna come questa tutte le procedure devono essere coordinate.
Quindi la morte della ragazza si poteva evitare?
Ma certo!
Perché?
Con le informazioni che abbiamo scoperto poi, Camilla il vaccino AstraZeneca non lo avrebbe dovuto fare. E – se così fosse andata – l’esito tragico non si sarebbe mai verificato.