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    “Gli assegni di invalidità sono sotto il minimo vitale”

    Foto di andreas160578 da Pixabay

    Le associazioni per le persone disabili e le loro famiglie: "Aspettiamo adeguamento da 21 anni. Il governo vari una riforma complessiva"

    Di Anna Ditta
    Pubblicato il 14 Lug. 2021 alle 18:22 Aggiornato il 14 Lug. 2021 alle 18:34

    “La pandemia di Covid-19 ha messo in luce tutte le carenze nel nostro sistema di protezione sociale: quel welfare che avrebbe dovuto proteggere i più vulnerabili, e tra loro anche le persone con disabilità e le loro famiglie, non è stato una protezione sufficiente”.  Vincenzo Falabella è il presidente di Fish Onlus (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), che il prossimo 16 e 17 luglio terrà il Congresso Nazionale dal titolo “Pandemia, Disabilità e Resilienza“.

    A un anno dalla sentenza della Corte costituzionale che ha aumentato l’importo mensile della pensione di inabilità spettante agli invalidi civili totali (la 152 del 2020), riconoscendo anche il diritto alla percezione degli assegni agli over 18 e non più solo agli over 60 come previsto fino a quel momento, Falabella ha accettato di fare il punto con TPI sul sostegno economico e dei servizi destinati alle persone con disabilità e dalle loro famiglie, che resta ad oggi carente.

    La preoccupazione trova fondamento nei dati: già prima dell’insorgere della pandemia questi evidenziavano il rischio maggiore di povertà o esclusione sociale per le persone con disabilità, come ricorda a TPI Roberto Speziale, presidente nazionale di Anffas (Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/​o Relazionale). Secondo le stime Eurostat del 2019, riferite al 2018, infatti, in Italia il 29,5 per cento delle persone con disabilità sono a rischio povertà o esclusione sociale, contro il 24,1 per cento delle persone senza disabilità. Un dato – quello italiano – peggiore rispetto alla media europea del 28,4 per cento.

    “Veniamo fuori da un momento di grande difficoltà economica e sociale”, sottolinea Falabella. “La pandemia purtroppo ha attanagliato le tante persone con disabilità e le loro famiglie. Riteniamo che occorra una grande riforma complessiva per la disabilità, che passi dal riconoscimento della condizione, superando l’accertamento, e che soddisfi i bisogni dei cittadini”.

    La sentenza della Corte Costituzionale e il rischio discriminazione

    Tra giugno e luglio dell’anno scorso, i giudici della Consulta, rispondendo a una questione di legittimità costituzionale sollevata da una famiglia piemontese con una figlia con disabilità e invalidità riconosciuta al 100 per cento, hanno stabilito che l’importo mensile della pensione di inabilità spettante agli invalidi civili totali, pari a 286,81 euro, “è innegabilmente, e manifestamente, insufficiente” ad assicurare il “minimo vitale”.

    La Corte ha decretato che, anche se l’adeguamento rientra nella discrezionalità del legislatore, gli invalidi civili totalmente inabili al lavoro hanno diritto al cosiddetto “incremento al milione” della pensione di inabilità fin dal compimento dei 18 anni, senza aspettare i 60, e quindi ha incrementato l’assegno all’importo di 651,51 euro. La sentenza rileva che la maggiore spesa a carico dello Stato, inoltre, non viola l’articolo 81 Cost. poiché sono in gioco diritti incomprimibili della persona. I vincoli di bilancio, dunque, non possono prevalere. Dopo la sentenza, è intervenuto il pronunciamento dell’Inps, che ha esteso anche alle persone con cecità e con sordità il beneficio di questo aumento.

    A restare fuori dal perimetro della sentenza sono tutte le persone disabili cui è stata riconosciuta invalidità civile parziale (ovvero tra il 74 e il 99 per cento) che continuano a percepire i 286,81 euro al mese, anche se hanno un limite reddituale molto basso. “Questo non è tollerabile, perché crea un’ulteriore sperequazione“, sottolinea a TPI Speziale. “L’auspicio è che tutte le pensioni di invalidità siano adeguate al minimo, anche se, attualmente, parlamento non sembra essere intenzionato a fare, o almeno non ci sono riscontri in questo senso”.

    Per il presidente di Anffas, l’inerzia del legislatore è dovuta soprattutto a “un elemento ragionieristico“. “La nostra politica”, spiega Speziale, “continua a subordinare i diritti alle risorse che ci sono. Le risorse sono poche e quando si tratta di allocarle, nella priorità di chi le alloca non si vedono i soggetti con disabilità come persone a cui riconoscere diritti. Si continuano a lasciare le briciole”.

    Le richieste delle associazioni

    “Come Anffas noi auspichiamo che si dia finalmente attuazione all’articolo 24 della legge 320 del 2000, una legge di 21 anni fa, tuttora vigente”, dice Speziale. “La norma prevedeva che entro 60 giorni dall’entrata in vigore, il ministero competente emanasse un decreto attuativo con il riordino di tutte le provvidenze economiche per le persone con disabilità, dando tutte una serie di prescrizioni molto puntuali, per garantire la soglia al di sotto della quale una vita dignitosa non è possibile. Sono trascorsi 21 anni, e il nostro Paese non ha mai dato attuazione a questa legge“.

    “Dall’altro lato”, prosegue il presidente Anffas, “alle persone con disabilità va anche garantito il diritto a un lavoro, perché l’assegno d’invalidità potrebbe essere in questo caso contemperato, e si garantirebbe loro anche più dignità. Invece accesso al lavoro non ce n’è, la legge 68 è un totale fallimento. Solo il 3 per cento delle persone iscritte nelle liste di collocamento mirate, 780mila persone, trovano una collocazione”.

    “Come federazione abbiamo attenzionato con un plauso alla svolta che la sentenza ha segnato, ma crediamo che non basti il pronunciamento della Corte. Occorre ora ridisegnare tutta una serie di interventi”, è il commento di Falabella. “Il 16 e 17 luglio si terrà il nostro Congresso Nazionale, all’interno del quale ci saranno tutte le forze politiche. Sono stati invitati e hanno accettato il confronto i segretari dei partiti di governo e di opposizione. Venerdì ci sarà una tavola rotonda, sabato entreremo nello specifico su quali saranno le politiche di intervento dell’attuale governo”. A confrontarsi ci saranno la ministra della Disabilità Erika Stefani, il ministro del Lavoro Andrea Orlando, il sottosegretario all’inclusione scolastica Rossano Sasso, e i rappresentanti di Regioni e Comuni (Massimiliano Fedriga e Antonio De Caro).

    Per il presidente di Fish Onlus “il tema dell’aumento pensionistico è importante e va affrontato, ma in una cornice di politiche di intervento che possano portare a garantire la centralità della persona e l’esigibilità dei diritti”. Falabella sottolinea che “dobbiamo capire il presente per orientare il futuro e far sì che quello che hanno subito le persone, nello specifico quelle con disabilità e le loro famiglie, non si ripeta di nuovo”. E aggiunge: “Per noi l’obiettivo è passare da un welfare di protezione, che non ha protetto durante la pandemia, a un welfare d’inclusione, che crediamo sia giusto e doveroso programmare e costruire. Un welfare di riconoscimento dei diritti umani, civili e sociali”.

    “Da anni chiediamo alle forze di governo nazionali e regionali, interventi mirati ad arginare il fenomeno segregante, attraverso politiche programmatiche e interventi mirati che possano superare l’aspetto meramente economico”, aggiunge Falabella. “Crediamo che il superamento di questa fase di stallo possa passare attraverso la costruzione di servizi dedicati: formazione, accesso alla scuola, accesso ai corsi universitari fruibili per le persone con disabilità, accesso al mondo del lavoro, al fine di costruire un progetto di vita indipendente che non sia meramente economico ma anche di esigibilità dei diritti che possa portare a mettere al centro la persona con disabilità e la sua famiglia”.

    “Questo è il grande cambio che chiediamo alla politica, una grande assunzione di responsabilità, partendo sì dal Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza, ndr) ma ben sapendo che non bastano solo le risorse all’interno del piano, occorre programmare un sistema di sostenibilità degli interventi che possano garantire i diritti. Tutto questo passa attraverso un forte investimento economico su quelle che dovranno essere le prossime imminenti politiche d’intervento nei confronti delle persone con disabilità. Il Congresso Fish del 16-17 luglio sarà la prova dell’autorevolezza che movimento associativo ha costruito in questi lunghi anni e che metterà a disposizione delle forze politiche e di governo”.

    “I nostri politici tutti continuano a dichiarare che hanno grande attenzione e sensibilità per le famiglie e le persone con disabilità”, dice Speziale. “Ci piacerebbe che cominciassero a dare concreta attuazione alla legge di riordino e dare dignità e diritti e alle persone con disabilità e alle loro famiglie. Vorremmo che questo avvenisse senza il bisogno di ricorrere ai tribunali italiani o internazionali, cosa che da qui a poco saremo costretti a fare se dovesse permanere questa inerzia del nostro legislatore”.

    Anche se, “sono numerosissime le iniziative, le proposte di legge, gli emendamenti presentati da tutte le forze politiche”, Speziale spiega che “tutte queste sollecitazioni parlamentari poi si infrangono tutte sulla mancata copertura finanziaria”, principalmente perché “la disabilità viene vista come un peso, come un costo assistenziale, e non come un investimento per garantire i diritti”. In realtà, aggiunge, “a ben vedere, quelle risorse si trasformano tutte in investimento: ad esempio, le persone disabili, grazie a quei fondi, potranno avere un’assistente personale, promuovere occupazione. Così diventa una spesa produttiva, non improduttiva. Ma la miopia della nostra politica che le consente di fare questo sforzo”.

    Al momento, in ogni caso, “non troviamo riscontri alle nostre esigenze né nei provvedimenti del governo né nel Pnrr sul tema”, sostiene. “Non c’è ancora un quadro organico, una volontà politica espressa di riordinare le provvidenze economiche. Per questo siamo molto preoccupati e contrariati dalla scelta di lasciare questa fascia di cittadini in condizioni”.

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