Spuntano nuovi particolari su Andrea Pignani, il 35enne ingegnere informatico che domenica 13 giugno ha compiuto la strage di Ardea. Secondo i racconti raccolti nelle ultime ore, l’uomo era noto nel quartiere ed era temuto dalla comunità, ma nessuno lo aveva denunciato precedentemente. Secondo le testimonianze raccolte, il 35enne spesso litigava e minacciava tirando fuori una pistola con cui esplodeva colpi in aria. “Pensavamo fosse una scacciacani”, dicono oggi gli abitanti del consorzio di Colle Romito. E invece era una pistola vera. Ma nessuno ha mai denunciato questi episodi e oggi, a ripensarci, è stato un errore: la strage, forse, poteva essere evitata.
Solo una denuncia risulta essere stata presentata contro Andrea Pignani ed è stata fatta dalla madre dell’ingegnere killer, Rita Rossetti. Un anno fa, a maggio, era stata la donna a chiamare i carabinieri dopo un’aggressione con un coltello. Ed è quello il momento in cui Andrea Pignani viene sottoposto a un Trattamento sanitario obbligatorio (Tso). Durato poco, però. Nessuna prescrizione risulta agli atti, nessun trattamento psichiatrico. Negli archivi delle forze dell’ordine non risultano né denunce né esposti nei confronti di Pignani. Eppure la sua villetta veniva tenuta d’occhio dalla vigilanza.
Adesso per ricostruire cosa sia accaduto prima e cosa sia stato fatto per evitare una tragedia che ora sembra annunciata, l’inchiesta del pm di Velletri Vincenzo Bufano ruota proprio intorno a quell’arma e sul perché nessuno si fosse fatto carico ufficialmente del disagio mentale di Pignani. Il magistrato ha aperto un fascicolo per omicidio, ma presto potrebbe ipotizzare altri reati. A rischiare di finire sotto accusa sono la mamma e la sorella di Pignani.