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    Tragedia di Lampedusa, sei anni dopo: “L’Europa che accoglie riparte dai ragazzi”

    Credit: ANSA/ ELIO DESIDERIO

    Nel naufragio del 3 ottobre 2013 persero la vita 368 persone, annegate a poche centinaia di metri da Lampedusa. Oggi una cerimonia sull'isola ricorda tutte le vittime delle migrazioni. TPI ha parlato con Tareke Brahne, presidente del Comitato del 3 Ottobre

    Di Marta Facchini
    Pubblicato il 3 Ott. 2019 alle 00:01 Aggiornato il 4 Ott. 2019 alle 11:06

    Oggi l’anniversario della strage del 3 ottobre 2013, Tareke Brahne: “L’Europa riparte dagli studenti a Lampedusa”

    Sono quasi le cinque del mattino del 3 ottobre 2013 quando le fiamme si alzano a poche centinaia di metri da Lampedusa. A bruciare è un barcone con a bordo tra le 500 e 550 persone partito pochi giorni prima dal porto libico di Misurata. Qualcuno ha dato fuoco ad alcune coperte per segnalare a terra la presenza della barca ma sul ponte divampa un incendio e quella affonda. Nonostante i tentativi di aggrapparsi ai relitti, e l’intervento dei pescatori attirati dalla grida, 368 migranti perdono la vita in uno dei naufragi con il maggior numero di morti avvenuto nel Mediterraneo. Sono quasi tutti eritrei in fuga dalla dittatura di Isaias Afewerki. Le immagini delle bare fanno il giro del mondo.

    Oggi, Giornata nazionale in memoria delle vittime dell’immigrazione, l’isola ricorda la tragedia che la scosse profondamente. Lo fa con oltre duecento studenti, arrivati dall’Italia e dall’Europa per vedere i luoghi in cui comincia la nuova vita di chi attraversa il mare e per discutere di accoglienza e integrazione attraverso il confronto con attivisti, ong e giornalisti. Tutti partecipano a una marcia collettiva verso la Porta d’Europa, dove si tiene un momento di raccoglimento con i superstiti del naufragio.

    “Vogliamo ricordare le vittime della strage di ottobre insieme agli uomini e le donne che continuano a scomparire nel Mediterraneo”, spiega a TPI Tareke Brahne, presidente del Comitato Tre Ottobre. “Abbiamo portato a Lampedusa studenti che vengono da tutto il continente per parlare insieme di flussi migratori e aprire un dialogo a più voci. Un’iniziativa unica nel suo genere perché a confrontarsi non sono i politici ma le nuove generazioni, da cui parte l’Europa di domani”.

    È il quinto anno consecutivo che il Comitato torna sull’isola per conservare la memoria, organizzando laboratori internazionali sui diritti dei migranti e dei rifugiati, i soccorsi in mare, e su come superare razzismo e discriminazioni. “Vogliamo che i ragazzi abbiano occasioni di apprendimento perché il confronto favorisce una cultura dell’accoglienza e della solidarietà”, aggiunge Brahne. 

    Quello del 3 ottobre 2013 non è stato il primo naufragio nel Mediterraneo ma, a distanza di anni, rimane uno dei più gravi. Ha segnato una linea di confine perché le acque restituirono i cadaveri, rendendo visibile quanto accadeva quotidianamente in mare e mostrando la pericolosità della rotta che parte dall’Africa settentrionale. Inoltre, il naufragio diede vita all’operazione Mare Nostrum, che nei dodici mesi successivi ha salvato la vita ad oltre 160mila migranti grazie all’uso delle navi della Marina militare autorizzate a intervenire in prossimità delle coste libiche.

    Secondo i dati diffusi dall’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, nei primi cinque mesi del 2019 sono 543 le persone morte nel tentativo di raggiungere l’Europa. Solo nel Mediterraneo centrale sono 343. La proporzione di persone morte in mare rispetto a quelle partite dalle coste libiche è passata da 1 persona ogni 29 partite nel 2018 a 1 ogni 6 persone quest’anno. Stando ai dati dell’Unhcr, tra il 2014 e il 2019 nella rotta del Mediterraneo hanno perso la vita, inghiottite dal mare, 14.768 persone, cui si aggiungono i 1.878 morti in Grecia e i 1.189 della Spagna.

    “Attraverso la Giornata della memoria vogliamo ricordare tutte le vittime delle migrazioni. E raccontare le storie degli uomini e delle donne che arrivano, le ragioni per cui sono partiti e il viaggio che hanno dovuto affrontare”, afferma Brahne. “Sono orgoglioso, e anche commosso, nel vedere oggi tanti studenti che lo stanno facendo in prima persona mettendoci i corpi e le menti”.

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