“La giustizia ha trionfato, questo è un giorno decisivo per la legalità“: queste le prime parole del regista Ambrogio Crespi, che da oggi è di nuovo un uomo libero. Dopo essere stato condannato in via definitiva a 6 anni nel processo sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta in Lombardia, e aver passato più di tre mesi nel carcere di Opera, oggi è stato rilasciato per “differimento pena in attesa della grazia”. Un caso unico in Italia, anche per la motivazione data dal tribunale: nella “valutazione del soggetto” si è tenuto conto della sua attività di diffusione di messaggi di legalità e della sua vita spesa per la lotta alla criminalità.
Il caso
L’accusa con cui Crespi era stato messo dietro le sbarre era quella di aver procurato voti a Domenico Zambetti, assessore della giunta Formigoni, per le regionali del 2010, servendosi di conoscenze in ambienti della ‘ndrangheta. Ma nessuno di questi reati ha trovato dei riscontri e i magistrati hanno accolto la richiesta di scarcerazione. Secondo la Dda di Milano, infatti, “Crespi non è in possesso di ulteriori specifiche informazioni relative all’attualità dei collegamenti tra il detenuto con la criminalità organizzata e alla sua pericolosità”.
“Conformemente alle conclusioni assunte dal Pg – si legge nell’istanza di scarcerazione – deve pertanto essere disposto il differimento della pena richiesto in via principale, sino al termine di sei mesi dal passaggio in giudicato della sentenza, non ravvisandosi la necessità di contenimento attraverso la misura della detenzione domiciliare (richiesta dalla difesa in via subordinata)”.
Il provvedimento del giudice di Sorveglianza riporta, innanzitutto, il parere della Direzione nazionale antimafia, secondo cui “non possono comunicarsi elementi che depongano per un attuale pericolo determinato da collegamenti del detenuto con la criminalità organizzata e, pertanto, circa l’attuale pericolosità”.
Le prime parole di Ambrogio Crespi
Il regista oggi ha potuto riabbracciare la sua famiglia e dalla sua voce si percepisce una grande emozione: “Un miracolo, dopo mesi di inferno. Oggi è successo un miracolo italiano, dopo quattro mesi in cui ho cambattutto la mafia da dentro il carcere. Per me è stato un periodo di grande forza, è in momenti come questi che si vedono le persone che ti vogliono bene, che credono in te. Abbiamo portato a casa la giustizia giusta. Tre donne hanno scritto cose straordinarie”, spiega a TPI.
“Hanno costatato che io sono sul binario della legalità – racconta Crespi – E quel provvedimento sono sicuro che farà giurisprudenza. E’ pazzesco, si sono schierati per me. Hanno fatto di più che la mia innocenza, che per darmela bisogna riaprire il caso, dopo la condanna in Cassazione. Hanno dato un segnale e fatto capire che chi combatte l’illegalità non può essere vittima della mala giustizia. Adesso con questo provvedimento fino a settembre ho questi mesi di libertà”.
La libertà è il simbolo di un’esistenza intera passata a raccontare gli ultimi e a schierarsi dalla parte giusta della storia: “Ora sono a Roma, finalmente con la mia famiglia, che è stata incredibile. La mia roccia. Mia moglie è riuscita a far rimanere i miei bambini sereni. Questi mesi in carcere sono stati di grande dolore. Dentro ho combattuto la cultura criminale: dicendo chi sono io, i documentari che ho fatto. Un esempio? Anche solo Benedetto Zoccola, protagonista del mio documentario Terra mia! come testimone di giustizia ha fatto arrestare centinaia di uomini di ‘ndrangheta. Dentro il carcere mi volevano convincere che la mafia non esiste e io, invece, non smetterò mai di dire che la mafia è una montagna di merda”.
Il parere legale
Per capire meglio questa complicata vicenda, abbiamo sentito anche Maria Brucale, consulente legale di Crespi: “Inizialmente gli avevano dato 12 anni, una sentenza assurda e surreale. Noi abbiamo chiesto la grazia con delle motivazioni molto specifiche, che erano quelle giuridiche. Ovvero la distanza dai fatti che erano stati contestati ad Ambrogio e, dall’altra parte, la sua vita pazzesca sempre in difesa dei diritti e della legalità”.
“Questo è stato un caso di mala giustizia – ha continuato l’avvocatessa – Ma dobbiamo partire da un problema che abbiamo nel nostro ordinamento, che è il reato in sè, il concorso esterno in associazione mafiosa. Questo reato non esiste nel codice penale, è stato inventato successivamente dai giudici. E ogni fumoso contatto con persone criminali, ti può portare a vivere un inferno di cuneo di sospetto. Nel caso di Ambrogio non c’era veramente niente, era entrato in contatto con una persona riconducibile al malaffare, ma nessuna delle condotte di cui avevano parlato gli era minimamente accostabile. A tal punto che le intercettazioni sono state ritenute ambigue e che uno dei testimoni hanno comprovato che era una persona con squilibrio psichico, che ha confessato di aver millantato falsità”.
Per la grazia Ambrogio Crespi dovrà attendere settembre. Ma una cosa è certa: questo caso caso passerà alla storia.
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