Rischiano di essere puniti con la pena di morte i presunti assassini dell’ambasciatore italiano in Congo Luca Attanasio, ucciso nel febbraio 2021 durante un agguato al convoglio del Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite con cui si muoveva insieme alla scorta nei pressi del Parco nazionale dei Virunga, nel Nord Kivu, una delle aree storicamente più rischiose dell’Africa centrale.
La pubblica accusa del tribunale di Kinshasa ha chiesto per i sei arrestati la pena capitale, che solitamente viene trasformata in una condanna all’ergastolo. Nella Repubblica Democratica del Congo la pena di morte non viene applicata da 20 anni, nonostante ci siano sentenze di condanna in questo senso.
Il gruppo tratto in arresto manca ancora del suo leader, al momento latitante: il processo è iniziato lo scorso ottobre e le accuse sono di omicidio, associazione a delinquere e detenzione illegale di armi e munizioni da guerra. Gli accusati hanno ammesso le loro responsabilità dopo il fermo di polizia, salvo poi cambiare versione e dichiararsi innocenti.
A Roma si sta intanto svolgendo un’altra indagine sulla vicenda, che riguarda le falle nella sicurezza che hanno portato al tragico epilogo: la Procura ha chiuso le investigazioni chiedendo – e ottenendo – il rinvio a giudizio per due funzionari del Programma alimentare mondiale Onu (Pam) con l’accusa di omicidio colposo.
Secondo la ricostruzione dei magistrati non avrebbero fornito al convoglio di Attanasio le protezioni adeguate al tragitto che stava percorrendo. Il prossimo 25 maggio ci sarà la prima udienza, il governo non ha ancora stabilito se costituirsi o meno come parte civile.