Se a Alzano e Nembro fosse stata istituita la zona rossa si sarebbero salvate tra le 2mila e le 4mila persone. Questa è una delle prime evidenze emersa dalla maxi-consulenza che il microbiologo dell’Università di Padova Andrea Crisanti ha realizzato per la procura di Bergamo che da quasi due anni sta indagando sulla gestione della pandemia.
Crisanti ha rilasciato una breve dichiarazione raccolta dal Corriere della Sera: “Sì, nella mia relazione c’è un calcolo sulle vittime che si sarebbero potute evitare”. Niente di più.
In modo non ufficiale sono poi usciti i due numeri: 2mila e 4mila. La forbice su cui bisognerà indagare descrive comunque uno scenario drammatico, tante sono le persone morte che avrebbero potuto salvarsi.
Tra fine febbraio e fine aprile del 2020 a Bergamo è stato registrato il più alto tasso di mortalità d’Europa, sul totale delle popolazione. Ci sono state 3.100 vittime di Covid certificate, cioè sottoposte al tampone prima del decesso. Poi ci sono altre 6.200 vittime in più, complessivamente, rispetto alla media dello stesso periodo degli anni precedenti.
Parliamo quindi di altre 3mila persone morte in casa o sulle ambulanze, che non sono state sottoposte a tampone ma avevano sintomi riconducibili al Covid.
Crisanti avrebbe confrontato l’andamento dei decessi con più fattori, anche con la sieroprevalenza, ovvero la diffusione del virus in una data popolazione, che a Nembro e Alzano ha toccato picchi da primato nel mondo occidentale, fino al 50%.
Alla procura ora spetta di capire quanto questi numeri sulle conseguenze della mancata zona rossa siano utilizzabili in ambito penale, e quali profili possano costituire reato.
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