Imbrattano i muri del bagno con le feci. La docente, una supplente avvertita da una collega, li rimprovera ma le lamentele dei genitori le fanno ‘guadagnare’ una denuncia. La singolare storia è accaduta all’istituto comprensivo di Fornovo di Taro.
A denunciarlo è il comitato Gilda, che con una nota racconta quanto accaduto: “Una docente è stata denunciata e dopo oltre 4 anni di processo, il Tribunale di Parma l’ha condannata a 1 mese e 20 giorni di reclusione (con il beneficio della sospensione condizionale e della non menzione) semplicemente perché si è comportata come ogni adulto di buon senso avrebbe fatto: dopo che una collaboratrice scolastica si era lamentata che i bagni erano stati imbrattati di feci, la maestra, come suo dovere, ha redarguito i ragazzi che all’epoca frequentavano una quinta di scuola primaria dell’Istituto Comprensivo di Fornovo Taro (Parma) dove la poveretta era stata “sfortunatamente” chiamata per qualche ora di supplenza. Dopo i richiami fatti agli scolari, alcuni genitori anziché chiedere un appuntamento alla docente e ringraziarla l’hanno pure denunciata.
“Dopo i richiami fatti agli scolari, alcuni genitori, anziché chiedere un appuntamento alla docente e ringraziarla, l’hanno pure denunciata”, ricostruisce il sindacato.
La donna che è finita a giudizio per abuso di mezzi di correzione ha avuto la magra consolazione che anche l’accusa (pm Massimiliano Sicilia) né chiedesse l’assoluzione “di fronte all’evidente irrilevanza penale della contestazione, non è stato dello stesso avviso il giudice”.
Le versioni a processo tuttavia non coincidono: l’insegnante, che in quel momento era nella classe in supplenza, sostiene di essersi limitata a richiamare gli alunni all’ordine dopo quanto denunciato dalla bidella circa lo stato dei bagni, minacciando di rivolgersi al dirigente scolastico. Alla notizia dei wc imbrattati si era infatti creata una situazione di trambusto. Alcuni bambini della quinta classe della scuola primaria, invece, raccontarono in lacrime ai genitori di essere stati ricoperti di insulti. E pochi giorni dopo scatta la denuncia ai carabinieri di un paio di famiglie. Da qui l’indagine e il processo per per “abuso di mezzi di correzione”.