C. D. dovrà tornare in aula il 27 settembre. L’accusa è di avere picchiato e ridotto in “stato di semi schiavitù” la colf che prestava servizio nella sua casa del quartiere Parioli di Roma. I fatti risalgono al 2014, mentre il processo è cominciato già nel 2018: a settembre la prossima udienza, con C. D. che dovrà comparire in aula per rispondere alle domande del pubblico ministero Mauro Masnaghetti. La notizia viene riportata da Fanpage.it.
La vicenda risale alla notte del 5 luglio 2014, in un appartamento in via Michele Mercati, nel quartiere Parioli a Roma. La donna, una collaboratrice domestica ucraina che da qualche tempo lavorava nella casa, ha raccontato agli agenti della Polizia di Stato di essere stata picchiata, minacciata e sbattuta fuori di casa in piena notte. L’ex colf sostiene di non aver ricevuto il pagamento degli stipendi arretrati, che l’uomo avrebbe dovuto versarle e che invece aveva mancato di fare. Un periodo da incubo, quello raccontato dalla 40enne, che sarebbe terminato con un’aggressione.
La collaboratrice domestica si era presentata insieme al suo avvocato al commissariato di polizia di Fondi, in provincia di Latina. Stando alla sua versione dei fatti, quella sera lei stava dormendo nella soffitta della casa di C. D. “La donna ha spiegato che i due stavano discutendo animatamente, quando lei ha deciso di andare da loro e chiedere di parlare più piano perché non riusciva a riposare. Da lì, la situazione sarebbe degenerata, con C. D. che avrebbe preso la donna a schiaffi e strattoni, l’avrebbe sbattuta al muro e poi fuori di casa in piena notte”, riporta Fanpage.it
Diversa la versione dell’imputato, che invece asserisce di aver agito per legittima difesa perché la domestica voleva tirargli addosso una sedia.
Dopo essersi trovata fuori di casa, la donna si era recata all’ospedale San Filippo Neri, dove le furono riscontrate lesioni guaribili in dieci giorni e uno stato d’ansia. “Dopo avermi picchiata e cacciata di casa nel cuore della notte, mezza nuda, mi ha chiamato mentre ero al pronto soccorso e mi ha detto: ‘Se mi denunci, faccio salire i miei amici di Napoli, quelli che tu sai, e faccio uccidere tuo figlio’”, raccontò poi la colf, secondo quanto riportato dal Corriere della Sera.
Poi aggiunse: “È stato drammatico. Nell’appartamento ho dormito sempre in una stanza senza porta e armadio, al limite della schiavitù, lavorando in nero quindici ore al giorno. E lui non mi ha quasi mai pagato. Ero pronta ad andarmene”. Nonostante alcune delle accuse siano già prescritte, C. D. dovrà ripresentarsi in aula a settembre per rispondere a delle nuove domande. “Mi ha denunciato per i soldi“, ha spiegato l’imprenditore, rigettando le accuse di violenza.