Leggi TPI direttamente dalla nostra app: facile, veloce e senza pubblicità
Installa
Menu
Home » Costume

No, l’Obesità non è solo un problema di peso

Per l’Oms è un’epidemia globale. E non si tratta semplicemente di mangiare troppo ma di una patologia complessa e pericolosa. Che in Italia riguarda l’11% della popolazione e costa lo 0,8% del Pil. Ecco come combatterla

Di Niccolò Di Francesco
Pubblicato il 18 Ott. 2024 alle 16:05

L’obesità è una delle principali sfide globali contemporanee riguardanti la salute pubblica: il suo impatto e i tassi di crescita, infatti, sono talmente allarmanti da aver portato l’Organizzazione Mondiale della Sanità a coniare il termine «Globesità» parificandola a una vera e propria epidemia. 

Spesso l’obesità è associata a individui che adottano stili di vita scorretti e alimentazione malsana quando è invece scientificamente provato che si tratta di una malattia complessa e multifattoriale. Non solo: costituisce anche un fattore di rischio per patologie croniche diffuse, tra cui malattie cardiovascolari, tumori, malattie renali croniche, malattie del tratto gastrointestinale, malattie respiratorie e depressione. 

L’obesità è in costante aumento in tutto il mondo, sia nei Paesi industrializzati che in quelli a basso reddito. E l’Italia non è da meno. 

Secondo i dati dell’European Health Interview Survey, inseriti in uno studio realizzato con la collaborazione di Eli Lilly, le persone obese in Italia rappresentano l’11,2% della popolazione, mentre gli individui in sovrappeso sono pari al 33%. 

Nel nostro Paese l’obesità si registra soprattutto tra le fasce della popolazione con minor reddito –  con un divario di quasi il 3% tra la quota più ricca e quella più povera della popolazione – e meno istruita: l’incidenza maggiore di persone obese e in sovrappeso si registra nel Mezziogiorno. 

Questa patologia non ha solo un costo rilevante sulla spesa sanitaria nazionale, ma incide anche negativamente sulla qualità della vita con effetti sulla stabilità economica e produttiva del Paese. I dati, infatti, dimostrano come produca una fatica incrementale nello svolgere attività quotidiane ordinarie, dall’effettuare lavori domestici al camminare per 500 metri. Le difficoltà di movimento, infatti, aumentano la probabilità di svolgere attività lavorative a causa di difficoltà di concentrazione, problemi di stanchezza o sonno. 

I costi dell’obesità in Italia ammontano a 13,34 miliardi di euro nel 2020, pari allo 0,8% del Pil, con i costi sanitari diretti che rappresentano il 59% dei costi totali. Tale impatto è principalmente attribuibile alle malattie cardiovascolari (84% della spesa sanitaria totale), diabete (8%), tumori (4%) e chirurgia bariatrica (3%). 

Nella percezione degli italiani l’obesità è ancora un universo poco conosciuto anche se, negli ultimi anni, è aumentata la consapevolezza delle persone: secondo una ricerca Ipsos, il 49% della popolazione ritiene l’obesità una malattia cronica e un fattore di rischio per altre patologie. Dai dati emerge che coloro che la riconoscono come una patologia cronica hanno una maggiore consapevolezza dei danni che essa può provocare alla salute rispetto a quanti la derubricano a cattive abitudini alimentari. 

Tuttavia è ampio il consenso (85%) sul fatto che, alla base dell’obesità, ci siano molteplici cause e non solo il “mangiare tanto”. L’85% degli italiani, inoltre, è favorevole al riconoscimento dell’obesità come patologia e alla conseguente necessità di garantire ai pazienti cure e supporto medico adeguato attraverso il Servizio Sanitario Nazionale. 

La vera sfida per il futuro è quella di contrastare il fenomeno: si stima, infatti, che ridurre il tasso di obesità del 5% potrebbe portare a una diminuzione annuale del 5,2% dei costi economici globali tra il 2020 e il 2060. 

Nonostante la minaccia crescente, però, l’obesità ancora oggi fatica ad essere riconosciuta come una patologia cronica prioritaria nelle agende sanitarie pubbliche, al pari di patologie altrettanto sfidanti come il diabete, i tumori o le patologie cardiovascolari. Ecco perché, come sottolinea l’Organizzazione Mondiale della Sanità, occorre sviluppare una strategia nazionale coraggiosa e integrata tra componenti sociali, alimentari ma anche sanitarie. 

L’obesità ha iniziato ad assumere crescente rilevanza nel primo decennio di questo secolo, portando gli organismi internazionali ed europei a richiamare a più riprese i governi ad assumere azioni concrete. In Italia, però, l’approccio è stato più timido: il sovrappeso e l’obesità sono stati inseriti per la prima volta nel 2007 tra le politiche nazionali con il Programma “Guadagnare Salute” che si propone di contrastare i principali fattori di rischio per le malattie croniche, quali alimentazione scorretta, inattività fisica, consumo eccessivo di alcol e tabagismo. L’obesità non è invece ancora oggi inserita nei Lea (Livelli essenziali di assistenza) comportando la preclusione delle prestazioni e dei servizi associati alla gestione della patologia tra quelli che il Ssn è tenuto a fornire gratuitamente a tutti i cittadini. 

Lo studio di Eli Lilly propone alcuni punti fondamentali per far sì che molti pazienti obesi in futuro abbiano maggiori garanzie e opportunità di cura rispetto ai pazienti con altre malattie croniche. Il primo è quello relativo al riconoscimento effettivo dell’obesità come malattia cronica di impatto sociale, attraverso l’inserimento nell’elenco aggiornato delle malattie croniche e invalidanti che danno diritto all’esenzione dalla partecipazione al costo da cui ne derivano le prestazioni da garantire al soggetto con obesità grave da parte del Servizio sanitario nazionale. 

E ancora: inserimento dell’obesità nel Piano Nazionale Cronicità, elaborazione delle linee guida nazionali per lo sviluppo dei Piani diagnostico-terapeutici assistenziali (Pdta), definizione di una governance territoriale standard, organizzazione e pianificazione di campagne di sensibilizzazione ed educazione con l’obiettivo di rafforzare il riconoscimento dell’obesità come patologia, inserimento di screening dell’obesità tra le prestazioni offerte dalle farmacie dei servizi per rafforzare la prossimità e la tempestività della capacità di diagnosi e prevenire l’insorgenza della patologia e costituzione di un fondo ad hoc per la presa in carico della persona con obesità volto a garantire il pieno accesso alla prevenzione, alle procedure diagnostiche per le co-morbidità, trattamenti dietetici e, nei casi più gravi, ad accedere a centri di secondo livello per valutare approcci psicologici, farmacologici e chirurgici. 

La ricerca, poi, invita le istituzioni ad affrontare il tema dell’obesità durante il G7 Salute a presidenza italiana con una sessione dedicata e a rafforzare il ruolo guida dell’Italia in Europa impegnandosi a mantenere il contrasto dell’obesità in cima ai dibattiti di politica sanitaria.

Leggi l'articolo originale su TPI.it
Exit mobile version