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Molestie per strada: parte la petizione per renderle reato. #Fischia al cane: la battaglia dell’attrice Queralt Badalamenti

Queralt Badalamenti. Credit: Instagram

La campagna ha già raccolto oltre 600 firme su change.org. L'obiettivo è fare arrivare il progetto sul tavolo del ministro delle Pari Opportunità Bonetti

Di Valeria Sforzini
Pubblicato il 30 Set. 2019 alle 14:10 Aggiornato il 30 Set. 2019 alle 14:16

La petizione lanciata dall’attrice Queralt Badalamenti per rendere reato le molestie verbali per strada. “A chi fischi? Fischia al cane”

“8:30 del mattino, parcheggio la macchina in centro. Scendo. Un uomo mi squadra e poi dice: ‘belle gambe, complimenti!’ Mentre passo accanto a lui. Lo guardo male, ma nel frattempo, meccanicamente, senza accorgermene, mi tiro giù la gonna che si era leggermente alzata”.

A Queralt Badalamenti di messaggi così ne sono arrivati a centinaia dopo la sua prima denuncia pubblica. E l’effetto sulle donne che subiscono molestie è sempre lo stesso: “Mi maledico”. Continua il messaggio. “Perché lui mi ha fatto sentire sporca ed esposta, quando il problema non sono io, né la mia gonna, né le mie gambe. Ma lui e il suo pensiero di potermi dire ciò che pensa e vuole solo perché sono una donna, perché sono sola, e perché pensa che io indossi quegli indumenti per ricevere quelli che lui chiama complimenti e che io chiamo molestie”.

Qualcuna non mette più le gonne corte, altre evitano le trasparenze, altre ancora cambiano semplicemente strada. A chi non è capitato? Fischi, commenti, “cat calling”: non sono solo complimenti o apprezzamenti fastidiosi, sono una vera e propria molestia. In alcuni paesi vengono puniti come tale. In Italia no.

Queralt Badalamenti è una attrice pubblicitaria. Mamma catalana e papà milanese, nata e cresciuta a Milano. Ha 29 anni, e solo pochi giorni fa ha deciso che non si sarebbe più piegata. La sua petizione su change.org per rendere reato e punire penalmente chi molesta verbalmente in strada ha ottenuto più di 600 firme in 5 giorni, ma l’obiettivo è raggiungere un numero tale da permetterle di rivolgersi direttamente al ministero delle Pari Opportunità.

Queralt Badalamenti. Credits: @queraltbadalamenti

50mila followers su Instagram, è nelle case di tutti gli italiani con spot di marchi di fama internazionale: da Westwing a Ferrero, per arrivare sul piccolo schermo anche con videoclip di musica rap di Fred De Palma e Gue Pequeno, o pop come Benji e Fede. “Ma solo se il video è costruito su una storia che mi convince. I balletti non fanno per me”. Sul suo profilo Instagram niente foto provocanti: “non pubblico foto mezza nuda con didascalie idiote, o post sul make up. Non sono un’influencer, anche se ho fatto qualche pubblicità”. Commenta. “La cosa che mi da più soddisfazione è che riesco a creare una piccola community di persone che si interessano a quello che faccio, a come sono”.

La carriera da attrice l’ha iniziata quando ancora aveva 19 anni. “Per mantenermi durante gli studi facevo la hostess” spiega Queralt Badalamenti. “Ho sempre avuto questo desiderio di fare tutto da sola”. Ha girato un film “La sindrome di Antonio”, ha preso lezioni private di recitazione, registra spot e i provini li prende tutti. Punta di diamante della sua agenzia, nel tempo libero legge poesie in diretta Instagram.

“Noi donne siamo abituate al bacetto, al fischio, ai commenti. Siamo anche solite far finta di niente. Preferiamo affrettare il passo e abbassare lo sguardo piuttosto che affrontarlo” dice Queralt Badalamenti a TPI. “Siamo in una posizione di svantaggio, abbiamo paura”.

Le storie di cronaca non si contano neanche più. Da Marie, la ragazza che a Parigi lo scorso 28 luglio ha risposto a un uomo che le aveva rivolto apprezzamenti per strada, beccandosi un ceffone, a Gaia Bulgarelli, la ragazza, 25 anni di Ferrara, quasi investita il 25 settembre scorso dall’uomo che le aveva rivolto commenti sessisti, per poi sentirsi rispondere dalla polizia che non potevano fare nulla.

Dopo averlo provato sulla sua pelle tante, troppe volte, Queralt ha detto basta.

la petizione lanciata da Queralt Badalamenti

Perché hai deciso di lanciare la petizione per punire chi molesta per strada?

Perché mi sono pentita di non averlo mai fatto prima. Ce l’ho in testa da diverso tempo e ora ho deciso di reagire. A 29 anni sono single, sono indipendente, mi sento in grado di mangiare il mondo nel mio piccolo. Purtroppo però certe cose impediscono di fare quello che si vuole, avviliscono e umiliano, e non è giusto.

Mi ricordo ancora di quella volta in cui mi sono sentita dire: “vorrei essere il sellino della tua bicicletta”. Lì per lì ho riso. Ma pochi metri dopo sono scesa dalla bici e ho cambiato strada.  Non voglio che le donne, le mie amiche, o la mia sorellina di sette anni, in futuro, possano essere umiliate in questo modo. Pensare di non indossare più certi capi, o anche solo cambiare strada perché hanno paura.

Quando hai capito che era il momento giusto per farla partire?

Qualche giorno fa ero in stazione centrale a Milano. Indossavo i pantaloncini corti e un signore molto tranquillamente mi ha detto: “Ma che belle coscette”. Io mi sono subito chiusa il trench e ho continuato a camminare. Mi sono sentita umiliata, ma ho deciso di non piegarmi.

Sono tornata indietro e gli ho detto che era un maleducato. Lui mi ha risposto dicendomi che era un complimento e di andarmene. A quel punto non ci ho visto più. Mi sono allontanata, perché un po’ di paura ce l’abbiamo sempre, e ho urlato: “Questo non è un complimento, è essere volgare”.

Se la legge fosse stata approvata, avrebbe preso una bella multa e la prossima volta, prima di dire “che belle coscette” a una ragazza sola in metro, ci avrebbe pensato due volte.

Appena ho condiviso la mia esperienza sono stata inondata di messaggi di ragazze che si sono trovate in situazioni ugualmente umilianti.

 

Qual è il tuo obiettivo?

Io ho sempre avuto un rispetto verso le donne e l’essere umano in generale. La mia immagine sui social è sempre rispettosa, e anche se esprimo le mie idee, cerco di non ledere i sentimenti di nessuno.

La petizione Fischialcane per punire penalmente chi molesta per strada è rivolta al ministero delle Pari opportunità, e proprio lì vorrei arrivare. Ora cerco di raggiungere il maggior numero di firme possibili. Con 50mila followers su Instagram, spero che qualcuno possa supportarmi. Un conto però sono i like, un altro è essere veramente dalla mia parte. L’importante per me è fare le cose passo a passo per guadagnare credibilità.

Perché se in Francia un molestatore rischia dai 70 ai 700 euro, in Italia non rischia nulla? Qui puoi anche alzare il telefono e chiamare la polizia, ma l’unica risposta che riceverai è: signorina, noi non possiamo fare niente, possiamo solo accompagnarla a casa e tenerle compagnia finché non arriva. Questo però non ha senso. Non mi aspetto di cambiare il mondo con la mia petizione, ma mi sto impegnando per non lasciare che si trasformi in un fuoco di paglia.

Ti consideri femminista?

Io mi considero femminista, umanista, per la parità dei generi. La petizione lanciata con l’hashtag “Fischialcane” però non è diretta solo alle donne. Fino ad ora hanno votato pochissimi uomini.

Ho fatto delle ricerche sui paesi che hanno le leggi in vigore, ho visto come hanno lottato queste donne. Una ragazza si è messa una telecamera in testa e ha girato per tutta Londra per mostrare quanti commenti ricevesse. Sono ragazze che ce l’hanno fatta. Io vorrei che fosse cos anche in Italia, ma è difficile cambiare una mentalità così radicata. Per qualcuno è una lusinga, ma in tante si sentono umiliate. Il fischio non fa male fisicamente, ma fa male dentro. Mi arrivano messaggi di ragazze che hanno deciso di non mettere più la gonna, e non possono più succedere certe cose.

Le testimonianze delle ragazze però raccontano una realtà di disagio profondo, che meriterebbe una considerazione diversa. 

“8:30 del mattino, parcheggio la macchina in centro. Scendo, un uomo mi squadra e poi dice: ‘belle gambe, complimenti!’ Mentre passo accanto a lui. Lo guardo male, ma nel frattempo, meccanicamente, senza accorgermene, mi tiro giù la gonna che si era leggermente alzata scendendo dalla macchina”. Racconta una giovane a Queralt, che ha raccolto centinaia di messaggi dalla sua prima denuncia pubblica. “E mi maledico, perché lui mi ha fatto sentire sporca ed esposta, quando il problema non sono io, né la mia gonna, né le mie gambe. Ma lui e il suo pensiero di potermi dire ciò che pensa e vuole solo perché sono una donna, perché sono sola, e perché pensa che io indossi quegli indumenti per ricevere quelli che lui chiama complimenti e che io chiamo molestie”.

Sto facendo tutto da sola” continua Queralt. “Anche il disegno della campagna. Ero sul treno, ero arrabbiata e ho pensato: ora disegno questa cosa e la pubblico. In tanti mi stanno dando il loro sostegno. Non so se cambierà il mondo la mia petizione, sono realista. Ma se questo succede in Francia, abbiamo almeno il diritto di provarci”.

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