Lavoro, il 22% dei dipendenti è affetto da burnout: in Italia il 43% è esaurito
Il 22 percento dei lavoratori a livello globale sperimenta sintomi di burnout. È quanto emerge da un recente sondaggio realizzato dal McKinsey Health Institute, condotto su 30.000 dipendenti in tutto il mondo. Il sondaggio, citato dal Corriere della Sera, ha rilevato differenze sostanziali tra i 30 paesi analizzati.
Si va infatti dal 59 percento di lavoratori che dicono di aver sperimentato sintomi di burnout in India al 9 percento del Camerun. Sotto la media l’Italia, con il 16 percento, nonostante l’alta percentuale di lavoratori affetti da esaurimento delle forze e relativa stanchezza fisica e mentale, al 43 percento. Il 26 percento degli intervistati italiani lamenta invece “deficit dell’attenzione o della concentrazione, problemi di memoria e una scarsa performance in termini mentali”.
Secondo McKinsey l’insoddisfazione e l’abbandono dei dipendenti potrebbero costare a una tipica azienda quotata negli Stati Uniti tra i 228 e 355 milioni di dollari all’anno in termini di perdita di produttività.
“Conoscere le esigenze e le opinioni dei dipendenti è fondamentale per migliorare tutti gli aspetti della vita lavorativa”, ha commentato Francesca Verderio, Training & Development practice leader di Zeta Service, azienda italiana specializzata nei servizi HR e payroll. “Facilmente si scivola nel pensare che l’intenzione di abbandono del posto di lavoro sia legata a tematiche retributive o di carriera o dal competitor che corteggia i propri dipendenti con offerte ‘irrinunciabili’, quando in realtà si tratta di problematiche meno evidenti, rilevabili attraverso strumenti di ascolto più profondi. Tra questi, l’analisi di clima è particolarmente immediato ed efficace, permettendoci di capire che cosa pensano le persone dell’azienda rispetto al luogo di lavoro e quindi, per esempio, il senso di appartenenza, il commitment, quanto l’azienda si prenda cura delle proprie persone in termini di benessere psicologico e salute, il supporto offerto dal proprio team, l’equità o l’eticità dei comportamenti manageriali, piuttosto che le possibilità di formazione o di percorsi di carriera”, ha aggiunto.