Lady Be, l’artista italiana che accusa Banksy: “L’infermiera con l’orecchino di perla l’ho realizzata molto prima di lui”
Letizia Lanzarotti ha 29 anni, è nata a Rho (Milano), ed è un’artista del riuso da ormai oltre 10 anni. Il suo nome d’arte è Lady Be, in omaggio alla canzone dei Beatles, “Let it Be”. Ha esposto nelle più grandi città del mondo, da New York a Barcellona, fino ad arrivare ad avere una sua mostra sulla Tour Effeil. Le sue opere sono fatte tutte con materiale di recupero. Il suo ultimo lavoro è “L’infermiera con l’orecchino di perla”, battuta all’asta per 6.500 euro il cui ricavato è stato interamente donato agli ospedali lombardi e alla Croce Rossa. L’opera ha avuto molta visibilità sui social ed è diventata anche la copertina di un libro sul Covid. Lady Be dice che “L’infermiera con l’orecchino di perla” ricorda molto l’opera di Bansky, “La ragazza con il timpano traforato”, forse fin troppo.
Lady Be, raccontaci del tuo lavoro: “L’infermiera con l’orecchino di perla”
“Il soggetto è quello del celebre dipinto “La ragazza col turbante”, di Vermeer. Ho voluto realizzare quest’opera per dire grazie a tutti coloro che oggi sono impegnati in prima linea nella lotta al Coronavirus. Il soggetto, appunto, è una giovane infermiera alle prime armi che si ritrova catapultata nell’inferno della terapia intensiva. Una ragazza dolce, con uno sguardo puro e anche un po’ ingenuo: non si aspettava di dover svolgere un lavoro così difficile. Ma non si tira indietro, come un soldato, questa è stata la sua scelta e la affronta con sicurezza. La presenza dell’orecchino di perla vuole essere un contrasto al contesto: nella tragedia la giovane infermiera non rinuncia alla normalità e tutti i giorni si mette l’orecchino di perla. Un gesto di femminilità, e anche un po’ di vanità, per sottolineare l’importanza delle piccole cose e dei riti quotidiani anche nelle situazioni più spiacevoli”.
Che tecnica hai usato per questa opera?
“L’opera è stata realizzata con l’assemblaggio di oggetti di riciclo: pezzi di plastica che da anni raccolgo nelle spiagge italiane, nei mercatini ma anche nelle scuole. Insegno ai più piccoli a non sprecare: penne, bottoni, tappi, tutto quello che possono trovare a casa io lo riutilizzo per i miei lavori. È molto importante insegnare come ogni oggetto possa avere una seconda vita. Ho iniziato a usare questa tecnica più di 10 anni fa, quando il tema della plastica e l’attenzione al riciclo non erano ancora così diffusi. Ma c’è dell’altro: ogni pezzo porta con sé un ricordo, sia per la persona che l’ho utilizzato, sia per chi lo osserva su questa tela. Il tema dei ricordi mi è molto caro ed è quello che voglio trasmettere con la mia arte”.
Secondo te Banksy ha preso ispirazione dalla tua opera?
“L’opera di Banksy già esisteva prima che realizzassi il mio quadro. E come tutti i suoi interventi non si può sapere se l’aggiunta della mascherina al murales “La ragazza con il timpano traforato” sia stata opera sua o di qualcun altro. Ma il mio lavoro è stato realizzato un mese prima dell’applicazione della mascherina al suo murales a Bristol, e sono rimasta un po’ perplessa da questa forte somiglianza. Prendere ispirazione da altri artisti è cosa ormai sdoganata nell’arte, soprattutto in quella contemporanea: pop art e street art si basano molto sull’utilizzo di icone già conosciute. Io stessa nel realizzare “L’infermiera con l’orecchino di perla” ho reso omaggio a Vermeer. Tuttavia, un tributo artistico non deve essere mai fine a se stesso ma comunicare qualcosa di più, andare oltre”.
Che significato vedi nell’opera di Banksy?
“Se posso muovere un critica personale credo che pendere una qualsiasi icona e appiccicarli sopra una mascherina non faccia di essa un’opera sul Covid. E ad oggi sono moltissimi i lavori realizzati in questo modo. Quello che spesso vedo nelle opere legate a questo momento storico, dalle opere di Banksy fino ai lavori di TvBoy, è un po’ di vuotezza e sterilità nei lavori e in quello che vogliono rappresentare. Anche nel tributo l’arte deve scuotere gli animi e portare un messaggio”.
E tu che messaggio vuoi dare con la tua arte?
“Oltre al riciclo e all’importanza dei ricordi che ogni oggetto custodisce in sé, credo un insegnamento importante di questo periodo sia che l’unione fa la forza. La mia tecnica, l’assemblaggio di tanti piccoli pezzi differenti insieme è la rappresentazione di ciò. L’ambito artistico è un ambiente molto competitivo: ssarebbe bello se da questo periodo potessimo imparare anche a dire “grazie, apprezzo questo artista e l’opera che ha realizzato”. Vorrei che gli artisti imparassero a collaborare. Le mie opere parlano di sostenibilità e questo è il momento in cui la sostenibilità deve essere al centro. E non soltanto quella ambientale ma sostenibilità tra persone: artisti, realtà, aziende che si supportano a vicenda. Solo cosi potremo uscire dalla crisi, sia quella economica che quella sociale. “L’infermiera con l’orecchino di perla” non è la prima opera che Lady Be ha realizzato sul Covid. Un altro importante lavoro dell’artista è “Corona Jesus”, un Cristo che al posto che la corona di spine porta in testa ha la rappresentazione biologica del virus”.