In questi giorni appassionati nella lotta per l’approvazione del Ddl Zan, vogliamo raccontarvi una storia diversa che viene da Berlino e che ha a che fare con l’abbigliamento e le sue convenzioni. Molti credono infatti che i vestiti abbiano un “gender” (parola capace di agitare in maniera inconsulta le “destre” del nostro Paese): che alcuni capi siano nati solo per uomini o donne. Fortunatamente ci sono personaggi che se ne fottono di queste convenzioni e indossano quello che vogliono in maniera completamente libera.
E’ il caso di Mark Bryan, americano di nascita ma che vive da anni a Berlino dove fa l’ingegnere robotico. Guardando il suo profilo Instagram da oltre 500.000 follower (tra cui Rihanna) si legge nella bio: “amo le Porsche e indossare gonne e tacchi tutti i giorni”. Fondamentalmente vive la sua vita come tutti gli altri, come tutti noi, con la differenza che ogni giorno quando esce di casa rompe gli stereotipi di genere. E come potete constatare dalle foto è semplicemente strepitoso.
“Non c’è una motivazione precisa per cui mi vesto così” racconta. “Ho sempre ammirato le donne con le gonne strette e i tacchi. Non sessualmente, ma per il potere che loro rappresentano. Io non mi vesto così per essere sessualmente attraente, ma semplicemente mi abbiglio come fanno alcune manager, come donne sul luogo di lavoro. Per me, davvero, i vestiti non hanno gender. Non mi metto abiti, solo gonne. Perché gli abiti non mi permettono di mescolare i generi. E io preferisco un look più mascolino sopra il busto unito a quello che tutti potete vedere sotto”.
Sì, vi sento fin qui voi elettori della destra più becera del nostro Paese: “Eh, ma questo sarà solo un rappresentante della comunità LGBT con un’altra delle sue perversioni” E, invece, come spesso accade vi sbagliate: Mark è sposato (anzi: è stato sposato 3 volte e con sua moglie festeggia, quest’anno 11 anni di matrimonio) e ha una figlia: entrambe lo supportano. “Mia moglie, spesso, mi suggerisce cosa mettere. Mia figlia, invece, vorrebbe rubarmi molte scarpe. Purtroppo portiamo numeri diversi”.
Ovviamente la reazione della gente è molto variegata. “Io ho cominciato 4 anni fa ad assecondare questo mio ‘desiderio’. Le prime volte ero molto nervoso, pensando alla reazione che avrei avuto in giro. Ma mi sono reso conto di una cosa: a gran parte delle persone non frega nulla di come io sia vestito. Poi, chiaramente, ci sono reazioni differenti. Quella delle donne, in generale, è buona: ricevo un sacco di complimenti. Gli uomini, invece, tendo a spiazzarli. Spesso chiedo ai più insistenti (o a quelli che non credono che io sia felicemente eterosessuale): ‘Perché metti in dubbio le mie preferenze sessuali semplicemente per il fatto che indosso una donna? Mi faresti la stessa domanda se indossassi pantaloni? Quando vedi una donna in gonna e tacchi, le chiedi le sue preferenze sessuali?'”.
Le grandi firme e i grandi designer come Marc Jacobs fanno adesso a gara per collaborare con lui e sebbene non se ne curi (“Loboutin mi ha mandato delle scarpe ma non mi stavano bene e quindi le ho rimandate indietro e se la sono un po’ presa”) con Mark siamo di fronte a una vera rivoluzione culturale: è diventato un vera icona e dona parte del ricavato delle sue campagne ai bambini pakistani in età scolare, ma soprattutto è diventata una vera e propria voce contro gli stereotipi e l’importanza di cambiarli in forme espressive che permettano alle persone di vivere la loro libertà. Ma soprattutto il proprio concetto di libertà.
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