Bologna si è trasformata in “un inferno per i turisti”. Lo scrive sul New York Times la giornalista italiana Ilaria Maria Sala, originaria proprio del capoluogo emiliano e oggi residente a Hong Kong.
Nell’articolo pubblicato oggi, venerdì 9 agosto, si sottolinea come negli ultimi anni a Bologna il settore turistico sia cresciuto in misura eccessiva, causando un complessivo abbassamento della qualità della vita.
E si punta il dito contro l’esagerato utilizzo della gastronomia locale – in particolare della mortadella – come traino per una massa di turisti che, fermandosi alla superficie della buona tavola, finisce per non apprezzare a pieno la storia e la cultura della città felsinea.
“Poco più di 10 anni fa – scrive Sala – Bologna, la mia città natale italiana, non era considerata una grande meta turistica. Arrivavano tour di gruppo, ma la città era principalmente nota per ospitare una delle università più antiche d’Europa. Anche la sua cucina, piatti come tortellini e tagliatelle, era un’attrazione, ma in modo sommesso”. Ora, invece, “le compagnie aeree low cost, gli affitti a breve termine e i social media hanno cambiato tutto”.
“Oggigiorno – si legge nell’articolo del New York Times – Bologna è sulla buona strada per diventare una città turistica a tutti gli effetti, da evitare assolutamente nelle strade principali”.
Molti proprietari immobiliari – sottolinea Sala – hanno convertito i propri appartamenti in alloggi per affitti a breve termine, “il che ha aumentato gli affitti e ha spinto gli studenti più lontano dall’università, verso le città più piccole della periferia”. Ma secondo la giornalista la trasformazione in città turistica si nota anche da un altro particolare: “Il consumo di quantità di mortadella tali da intorpidire la mente e fermare il cuore”.
“Il centro è cambiato completamente”, prosegue l’articolo. “Nelle strade attorno alla storica piazza principale c’erano molte vecchie cartolerie: una delle preferite vendeva penne stilografiche, inchiostri di tutti i colori e tutti i quaderni rilegati a mano che si potessero sognare”. Di recente, però, il negozio è stato convertito in un “Antica salumeria” che “fa parte di una catena”. E “proprio di fronte, in quella che credo fosse una gioielleria, c’è una seconda autoproclamata antica salumeria della stessa catena”.
Sala si sofferma poi sulle comitive di turisti organizzati, una “folla di persone che marcia dietro i leader con microfoni e piccole bandiere alzate”: “Questi gruppi – nota – di solito si fermano davanti ai vecchi negozi che hanno ceduto e ora espongono giri su giri di mortadella in vetrina”.
Oltre alla mortadella, continua la giornalista del New York Times, “sono spuntate altre tradizioni di recente coniazione”: “Un nuovo negozio, anch’esso vicino alla piazza principale, vende tortellini fritti in un cono di carta, dicendo che è una specialità locale (più per aspirazione che per correttezza). Vedo turisti che camminano in giro tenendo in mano coni di carta che si sciolgono lentamente nel grasso, portando alla bocca piccoli tortellini fritti con una forchetta monouso. Sembrano apprezzarli (dopotutto, friggere rende tutto più saporito) ma mi chiedo se pensino di vivere un’esperienza molto locale”.
“Dal XIII secolo – conclude Sala – Bologna è stata variamente conosciuta come La Dotta per via dell’università, La Grassa per via della terra fertile che la circondava e La Turrita per le sue torri. A volte era anche La Rossa per il colore delle sue mura e per il suo passato di roccaforte del Partito Comunista. Una delle torri più antiche ancora in piedi, la Garisenda, fu costruita nel XII secolo e insieme alla Torre degli Asinelli costituisce il simbolo non-mortadella di Bologna. Ora la Garisenda, che è inclinata in modo preoccupante da secoli, potrebbe essere rischio caduta. Per secoli i dotti, i grassi e le torri di Bologna sono stati in splendida armonia fra loro. Ora gli studenti sono stati sradicati e la torre è nei guai. Solo il grasso regna sovrano. Dobbiamo davvero viaggiare in questo modo?”.
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