Il riso sfama mezzo mondo ma la siccità e le inondazioni causate dai cambiamenti climatici mettono a rischio le coltivazioni. Oltre 3,5 miliardi di persone ricavano ogni giorno almeno il 20 per cento del proprio fabbisogno calorico da questo cereale. E la domanda è in aumento, soprattutto in Africa, America Latina e Asia, dove viene prodotto più del 90 per cento del riso mondiale.
Le risaie sono in genere sommerse da circa dieci centimetri d’acqua ma a causa degli eventi meteorologici estremi è sempre più difficile trovare il giusto equilibrio tra un eccessivo e uno scarso livello di irrigazione. La più grave minaccia è rappresentata dal sale: l’aumento del livello dei mari e le inondazioni seguite a periodi di siccità mettono infatti in pericolo le coltivazioni lungo l’estuario di fiumi come il Mekong e il Gange. Invadendo i delta fluviali, l’acqua salata può insinuarsi nei terreni e nei canali di irrigazione, devastando i campi. Ed è già successo.
Secondo la Commissione economica e sociale per l’Asia-Pacifico, durante la siccità del 2015 e del 2016, le inondazioni penetrarono fino a 90 chilometri nell’entroterra, distruggendo 405mila ettari di risaie in tutto il Sud- est asiatico. E le previsioni sul futuro non sono rosee: secondo una ricerca pubblicata su Science Advances, nei prossimi anni i cambiamenti climatici intensificheranno le piogge monsoniche in Asia meridionale, dove gli agricoltori in Cina, India, Bangladesh, Indonesia e Vietnam – i più grandi produttori al mondo di riso – rischiano di perdere i raccolti.