Il premio Nobel Nobre: “Salvare l’Amazzonia, o non ci sarà più un pianeta”
Il brasiliano Carlos Alfonso Nobre, climatologo e premio Nobel per la pace 2007, uno dei massimi esperti di riscaldamento globale che studia l’Amazzonia da 40 anni è intervenuto alla conferenza stampa ‘Impatto della deforestazione dell’Amazzonia sui
cambiamenti climatici’, con Angelo Bonelli dei Verdi.
Lo scienziato ha ricordato che l’Amazzonia è il cuore ecologico del pianeta, con un’immensa socio e bio-diversità. Ma, denuncia, “siamo molto vicini al collasso della Foresta amazzonica, la scienza lo dice con assoluto rigore”.
L’Amazzonia, grazie alla sua foresta, ha ricordato il premio Nobel “immagazzina un’enorme quantità di anidride carbonica. Se non ci fosse la Foresta amazzonica il riscaldamento globale sarebbe ancora più veloce e drammatico. Dobbiamo cambiare il nostro modo di vivere e ridurre drasticamente la produzione di anidride carbonica”.
TPI lo ha intervistato sulle sorti della foresta Amazzonica.
Potremmo perdere un numero enorme di speci animali indigene che probabilmente neanche vengono considerate dalla scienza perché specifiche e legate solo a una piccola zona dell’Amazzonia. Ma stiamo mettendo a rischio anche specie animali molto conosciute come i giaguari, che sono ormai scomparso in Amazzonia. Stiamo davvero mettendo migliaia e miglia di animali a rischio estinzione.
Sia da un punto di vista del riscaldamento globale, che per quanto riguarda l’amazzonia abbiamo davvero poco tempo: è la nostra ultima possibilità. Potremmo tra poco avere un pianeta inabitabile per il prossimo secolo. Questo scenario è terribile: potrebbe capitare di non poter uscire fuori di casa per le condizioni dell’inquinamento e la foresta Amazzonica scomparirà per oltre il 70 per cento della sua estensione per sempre.
Che fare? Si domanda lo scienziato.
“Le tecnologie – spiega – possono aiutare a trovare soluzioni, se non vengono utilizzate per lo sfruttamento indiscriminato delle risorse naturali”. La tecnologia può dare più potere alle popolazioni, “grazie alla bioeconomia, ad un nuovo modello di economia sostenibile, decentrata, sostenuta da energia proveniente da fonti rinnovabili, che rispettino la qualità di vita delle comunità. Perché l’Amazzonia possa continuare ad essere la foresta che è da 30 milioni di anni”.
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