Solo il 13 per cento degli oceani rimane inviolato dalla mano dell’uomo. A dirlo è il primo studio sistematico condotto proprio sugli oceani. Eccetto alcune aree più remote del Pacifico e dei poli, in nessun oceano la fauna marina è libera di crescere naturalmente.
Enormi flotte di pescherecci, spedizioni marittime globali e inquinamento che arriva dalla terra si combinano con i cambiamenti climatici e contribuiscono a degradare gli oceani. Inoltre, solo il cinque per cento delle restanti aree oceaniche si trova in zone protette.
“Siamo rimasti sbalorditi constatando quanto poco resti della natura selvaggia marina”, afferma Kendall Jones, dell’Università del Queensland, in Australia e della Wildlife Conservation Society, che ha guidato la nuova ricerca.
“L’oceano è immenso, copre oltre il 70 per cento del nostro pianeta, ma siamo riusciti a contaminare quasi tutto questo vasto ecosistema”, ha detto Jones.
Come si legge sul Guardian, secondo Jones quel che resta delle aree selvagge mostra come è la vita negli oceani prima che l’uomo arrivasse a dominare il pianeta. “Funzionano come macchine del tempo”, ha detto.
“Sono il mondo in cui coesistono livelli ineguagliabili di biodiversità marina e in alcuni remoti spazi sulla Terra si trovano consistenti gruppi dei più grandi predatori, come gli squali”, ha aggiunto.
Gran parte della natura selvaggia si trova in alto mare, oltre le aree protette che i paesi possono istituire. Gli scienziati hanno affermato che è necessario un trattato di tutela di queste regioni, con i negoziati iniziati a settembre nell’ambito della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare.
È stato anche detto che devono essere tagliati i quattro miliardi di dollari l’anno in sussidi governativi spesi per la pesca d’alto mare. “La maggior parte della pesca in alto mare sarebbe in realtà non redditizia se non fosse per questi grandi sussidi”, ha detto Jones.
L’ultimo studio si somma a quelli precedenti e pone l’attenzione, ancora, i rischi che corrono gli oceani. A gennaio gli scienziati hanno avvertito che gli oceani stanno soffocando: le zone morte sono sempre più grandi e, soprattutto, sono quadruplicate dal 1950.
A febbraio nuove mappe hanno rivelato che in metà degli oceani del mondo si pratica la pesca a livello industrialmente.
“Gli oceani sono minacciati ora come non mai nella storia dell’umanità”, ha detto Sir David Attenborough al termine della serie Blue Planet 2 della BBC, a dicembre.
La nuova ricerca, pubblicata sulla rivista Current Biology, ha classificato come aree incontaminate le riserve oceaniche in cui c’è meno del dieci per cento dell’impatto dell’uomo o in cui si pratica la pesca a strascico.
Siccome la maggior parte di queste aree si trova in zone molto lontane dalla terraferma, pochissime vengono protette. “Ciò significa che la stragrande maggioranza delle zone selvagge marine potrebbe andare persa in qualsiasi momento, mentre i miglioramenti della tecnologia ci permettono di pescare più a fondo e spedire più lontano che mai”, ha detto Jones.
I cambiamenti climatici stanno causando danni sempre maggiori e Jones ha detto che le aree selvagge dell’Artico protette dal ghiaccio negli anni ’70 sono andate perse dopo che il ghiaccio si è sciolto e le barche da pesca hanno iniziato a entrare.
Si tratta di un problema che sta diventando sempre più globale, ha detto: “In futuro, con il peggioramento dei cambiamenti climatici, penso che si possa dire che praticamente ovunque nell’oceano si verificherà un crescente livello di minaccia”.
Ci sono alcuni lati positivi, però, come i coralli remoti nell’Oceano Indiano attorno all’atollo Diego Garcia, da cui gli isolani furono allontanati con non poca difficoltà negli anni Sessanta.
Nell’Antartico, le principali compagnie di pesca ora stanno contribuendo alla creazione del più grande santuario marino del mondo.
L’obiettivo dello studio era quello di riuscire ad includere la maggior parte delle aree ritenute selvagge, ha dichiarato Ward Appeltans alla Commissione oceanografica intergovernativa diretta dall’Unesco: “Quindi è sorprendente apprendere che resti incontaminato solo il 13 per cento degli oceani”
Jones ha sottolineato come la ricerca si sia focalizzata sui fondali dell’oceano e non abbia riguardato l’acqua. Per questo è tornato a chiedere un trattato per la salvaguardia dell’oceano.
Jones ha aggiunto ancora: “Oltre a proteggere la natura per il bene della natura, avere questi grandi paesaggi marini intatti che funzionano come hanno sempre funzionato è davvero importante per la Terra”.
Questi sostengono il processo ecologico. Senza, potremmo iniziare ad assistere a grandi effetti a catena con conseguenze drastiche e imprevedibili per tutto il pianeta.
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