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    Aria pulita e nuovi posti di lavoro: ecco i segreti della rivoluzione delle auto elettriche in Norvegia

    Credit: AP Photo

    Ha la più alta percentuale al mondo di vetture a batteria, ha ridotto le emissioni di gas serra e aumentato l'occupazione. Così il Paese scandinavo ha anticipato di 10 anni i piani europei sulla mobilità sostenibile

    Di Massimiliano Cassano
    Pubblicato il 11 Giu. 2023 alle 07:00 Aggiornato il 31 Lug. 2023 alle 19:30

    Si dice spesso che i Paesi del Nord Europa abbiano una parola per ogni cosa. «Rekkevideangst» è il termine che si usa in Norvegia per indicare una particolare paura, quella che la propria auto non abbia abbastanza energia per coprire la distanza che la separa dalla destinazione prevista. Una preoccupazione che da Oslo a Capo Nord sempre più persone associano alla batteria del proprio veicolo elettrico piuttosto che al serbatoio di carburante, visto che nel Paese la transizione verso la mobilità green è dieci anni avanti rispetto al resto d’Europa.

    Già nel 2016 infatti il Parlamento ha deciso che dal 2025 – quindi con dieci anni di anticipo rispetto ai Paesi membri dell’Ue – tutte le nuove auto vendute dovranno essere a “emissioni zero”, quindi senza motore a combustione interna. La strada verso la sostenibilità è tracciata e costellata di colonnine di ricarica: stando ai dati forniti da Opplysningsrådet for veitrafikken (Ofv), organizzazione indipendente che fornisce analisi e statistiche sul mercato auto norvegese, il tasso di auto elettriche vendute nel Paese è oggi superiore all’86 per cento. Un dato che fa del Paese un osservato speciale per capire cosa potrebbe significare la rivoluzione dei veicoli elettrici per l’ambiente, i lavoratori e la vita in generale.

    E se si guarda all’esperienza della Norvegia nel complesso, si capisce come la transizione porti benefici senza le terribili conseguenze previste da alcuni critici, troppo spesso impegnati a difendere la filiera del fossile più per interessi personali che per reali convinzioni politiche. Ovviamente ci sono alcune criticità – come stazioni di ricarica inaffidabili e lunghe attese soprattutto durante i periodi festivi di forte domanda – ma la lotta contro il cambiamento climatico, annunciata come un duro e dispendioso sacrificio da alcuni legislatori e dirigenti aziendali anche in Norvegia, si è rivelata meno impattante per la quotidianità delle persone di quanto si credesse. «Con i veicoli elettrici non è stato così difficile, in realtà è una scelta che molte persone abbracciano spontaneamente», afferma Christina Bu, segretaria generale dell’Associazione norvegese dei proprietari di veicoli elettrici.

    A tutto green
    Questo perché il governo ha strutturato una combinazione di incentivi e tassazioni che agevola chi acquista e utilizza l’auto elettrica penalizzando quelli che scelgono mezzi dotati di motore termico. Il risultato è tangibile: la Norvegia è l’unico Paese al mondo in cui le auto di questo genere costano mediamente il 15 per cento in meno rispetto a quelle a gasolio o a benzina, mentre in Italia – ad esempio – i modelli più ecosostenibili hanno in media un prezzo di acquisto superiore del 42 per cento. Inoltre, mentre nella maggior parte dei Paesi in procinto di abbracciare la rivoluzione le case automobilistiche e le amministrazioni litigano su chi debba assumersi i costi per l’implementazione e l’ampliamento delle infrastrutture, in Norvegia è stato l’esecutivo a intestarsi il compito di realizzare la rete di ricarica: lo ha fatto fondando un’azienda statale, la Enova, che assegna gli incarichi per la costruzione delle colonnine. Una svolta costata allo Stato un mancato introito di quasi 19,2 miliardi di corone (1,74 miliardi di euro).

    L’ambiente, però, ringrazia. L’aria a Oslo è più pulita, le emissioni di gas serra sono diminuite del 30 per cento dal 2009 e le città sono più tranquille senza il rumore dei motori dei veicoli a benzina e diesel. L’unica criticità riguarda i livelli di particelle microscopiche generate dallo scorrimento degli pneumatici sull’asfalto. I veicoli elettrici in questo senso aggravano il problema. «Sono davvero molto più pesanti delle auto con motore a combustione interna, e questo significa che causano più abrasioni», osserva Tobias Wolf, ingegnere capo per la qualità dell’aria di Oslo.

    Di contro, però, la concentrazione di ossidi di azoto, sottoprodotto della combustione di benzina e diesel che causa smog, asma e altri disturbi, è diminuita drasticamente. Sirin Hellvin Stav, vicesindaca della Capitale con deleghe all’ambiente e ai trasporti in forza, esponente del Partito dei Versi, ha dichiarato che la città vuole installare più stazioni di ricarica pubbliche, ma anche ridurre di un terzo il numero di auto per rendere le strade più sicure e libere per chi preferisce camminare o andare in bicicletta: «L’obiettivo è ridurre le emissioni, motivo per cui i veicoli elettrici sono così importanti, ma anche rendere la città migliore in cui vivere».

    Il piano cittadino è però ben più ampio e punta a rendere Oslo la prima capitale al mondo con un trasporto pubblico completamente a emissioni zero entro fine anno. Oggi è già possibile navigare attraverso i fiordi su traghetti elettrificati, e presto sarà il turno degli autobus, con i mezzi a gasolio che verranno sostituiti con 450 e-bus. L’obiettivo della città è de-carbonizzare tutte le sue attività entro la fine del decennio.

    Miti da sfatare
    Il passaggio all’elettrico non ha causato alcun sovraccarico della rete nazionale. Elvia, azienda che fornisce elettricità nella regione della capitale, ha dovuto installare nuove sottostazioni e trasformatori in alcune zone, ma stando a quanto afferma Anne Nysæther, amministratore delegato della società: «Non c’è stato alcun segnale di collasso». Altrove – complice l’abbondante disponibilità di energia idroelettrica – la rete norvegese ha retto nonostante la maggiore domanda. I nuovi veicoli hanno aumentato solo modestamente il flusso, e la maggior parte dei proprietari ricarica le auto di notte, quando la richiesta è inferiore e l’energia è più economica.

    L’altro mito sfatato dal “progetto pilota” norvegese è quello della possibile diffusione della disoccupazione tra i meccanici: i veicoli elettrici non hanno bisogno di cambi d’olio e richiedono meno manutenzione rispetto alle auto a benzina, ma si guastano lo stesso. Inoltre, ci sono in circolazione ancora molti mezzi a benzina che per anni continueranno ad avere bisogno di riparazioni. Dall’altro lato, la rivoluzione sta creando posti di lavoro in altri settori: a Fredrikstad, 100 chilometri a sud di Oslo, un’ex acciaieria è diventata un centro di riciclaggio di batterie. I dipendenti, che prima lavoravano il metallo, adesso smontano gli alimentatori. Gli unici a doversi veramente preoccupare per il proprio lavoro sono le concessionarie: la quasi totale scomparsa dal mercato dei veicoli con motore a combustione ha scombussolato l’intero settore, ora in cerca di assestamento.

    Una condizione che potrebbe generare anche un ribaltamento delle gerarchie tra le case automobilistiche più blasonate: secondo il Road Information Council, osservatorio statunitense del settore, Tesla sta superando di gran lunga la Volkswagen in Norvegia, conquistando il 30 per cento del mercato rispetto al 19 per cento del competitor e dei suoi marchi Skoda e Audi. Petter Hellman, amministratore delegato di Moller Mobility, a lungo il più grande rivenditore di auto della Norvegia, con un fatturato di 3,7 miliardi di dollari, è convinto però che i marchi tradizionali riguadagneranno terreno perché i clienti tendono a fidarsi di più di loro vista anche la vasta rete di servizi della quale dispongono.

    Missione compiuta
    La Norvegia ha iniziato a promuovere i veicoli elettrici negli anni ’90 per sostenere Think, una start-up locale di proprietà di Ford Motor. I veicoli a batteria erano esentati dalle tasse sul valore aggiunto e sulle importazioni e dai pedaggi autostradali. Oggi il forte radicamento dell’elettrico e soprattutto della cultura della sostenibilità negli abitanti ha permesso al ministero dei Trasporti, guidato da Jon-Ivar Nygård, di operare una parziale retromarcia negli incentivi al settore, giudicato ormai in grado di sostenersi autonomamente. Le vetture a batteria erano esentate dal pagamento di traghetti e pedaggi, mentre adesso per i proprietari è previsto “soltanto” uno sconto del 50 per cento.

    E anche le ricariche pubbliche, prima gratis, ora sono parzialmente tariffate. Sul costo dei parcheggi in centro, inizialmente del tutto azzerato, adesso è stata lasciata discrezionalità alle singole municipalità. Ancora, l’utilizzo delle corsie preferenziali è stato limitato solo agli orari non di punta, mentre prima era concesso liberamente alle auto elettriche. Dal punto di vista fiscale, da gennaio l’esenzione totale dell’Iva al 25 per cento sull’acquisto delle elettriche è stata revocata per le auto che costano oltre 500mila corone (circa 45.200 euro), ed è stata introdotta una nuova tassa sul peso dei mezzi di 12,5 corone per ogni chilogrammo oltre i primi 500. È inoltre cambiato il regime che riguarda la deducibilità delle auto aziendali.

    Provvedimenti che il Paese sente di potersi permettere senza rischiare di compromettere la transizione, conscio dei risultati tangibili già ottenuti che fungono da modello per chi osserva dall’esterno e da sprone per chi, in Norvegia, di questi tempi sta pensando di comprare una nuova auto.

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