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    Mar Rosso: un attacco degli Houthi provoca una chiazza di petrolio da oltre 200 chilometri

    Un fotogramma del video pubblicato dagli Houthi dell'attacco alla petroliera Chios Lion
    Di Andrea Lanzetta
    Pubblicato il 17 Lug. 2024 alle 16:46 Aggiornato il 17 Lug. 2024 alle 16:47

    Una chiazza di petrolio di oltre 200 chilometri è stata avvistata al largo delle coste dello Yemen dopo un attacco compiuto dai ribelli sciiti filo-iraniani Houthi contro la petroliera Chios Lion, battente bandiera della Liberia.

    La denuncia arriva dal britannico Conflict & Environment Observatory (Ceobs), che ha analizzato e pubblicato le immagini catturate ieri dal satellite Sentinel-2 dell’Agenzia spaziale europea (Esa), in cui è visibile una chiazza di petrolio non lontano dalla posizione in cui la nave è stata colpita da un drone marino.

    La petroliera battente bandiera liberiana Chios Lion è stata attaccata il 15 luglio scorso a 97 miglia nautiche (circa 180 chilometri) a nord-ovest del porto di Hodeidah, nello Yemen occidentale controllato dagli Houthi.

    Secondo l’agenzia britannica per la sicurezza marittima United Kingdom Maritime Trade Operations (Ukmto), un drone marino ha “colpito” l’imbarcazione, provocando danni lievi senza ferire nessun membro dell’equipaggio. Evidentemente però, secondo l’osservatorio britannico, le immagini mostrate da Sentinel-2 suggeriscono che “la nave danneggiata perde petrolio”.

    La chiazza, secondo il Ceobs, si è formata a 106 miglia nautiche (circa 196 chilometri) a nord-ovest di Hodeidah, molto vicino al luogo dell’attacco alla Chios Lion, di cui i ribelli hanno pubblicato un video, rilanciato dall’emittente locale al-Masirah, vicina al movimento politico Ansarullah.


    Dallo scorso novembre, dopo l’inizio dell’offensiva israeliana sulla Striscia di Gaza, gli Houthi hanno cominciato a lanciare razzi contro Israele e a minacciare le navi in transito nel mar Rosso dirette nei porti dello Stato ebraico o riconducibili a Paesi alleati di Tel Aviv per costringere il governo del premier Benjamin Netanyahu a fermare i raid sul territorio costiero palestinese.

    Per tutta risposta, con l’operazione Prosperity Guardian, Usa e Regno Unito hanno cominciato a bombardare lo Yemen controllato da Ansarullah “per garantire la libera navigazione” nello stretto di Bab el Mandeb e nel Golfo di Aden, fondamentale per l’economia mondiale e che molte compagnie occidentali sono ormai costrette a evitare.

    Anche l’Unione europea partecipa alla difesa di questo strategico tratto di mare, dove schiera la missione militare navale Aspides, di cui ha il comando proprio l’Italia e con durata prevista di un anno con opzione di rinnovo previo consenso del Consiglio Ue, affiancando l’operazione europea Atalanta, avviata nel 2008 per combattere la pirateria al largo del Corno d’Africa tra il Golfo di Aden e il bacino della Somalia, e assorbendo la missione di monitoraggio marittimo Emasoh, attiva dal 2020 nello Stretto di Hormuz.

    Tali attività militari, in particolar modo gli attacchi Houthi contro le navi che trasportano petrolio e sostanze chimiche, stanno mettendo in pericolo non solo navi, equipaggi e scambi internazionali ma anche gli ecosistemi del Mar Rosso.

    La chiazza di petrolio identificata dal Ceobs è pericolosamente vicina all’area protetta delle isole Farasan, un arcipelago tutelato dall’Unesco e composto da oltre 5.400 chilometri quadrati di isolotti e barriera corallina ad almeno 40 chilometri a ovest della costa sud-orientale dell’Arabia Saudita.

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