Nell’Oceano Pacifico, tra la California e le Hawaii, bottiglie di plastica, giocattoli per bambini, scarti di oggetti di elettronica, reti da pesca abbandonate e milioni di detriti galleggiano nell’acqua. Questa massa di detriti, di almeno 80mila tonnellate, occupa un’area che è diventa grande quanto tre volte la Francia.
Negli ultimi anni quest’area è diventata nota come Great Pacific Garbage Patch, una discarica in cui oggetti quotidiani vengono depositati dalle correnti. Le materie plastiche finiscono per disintegrarsi in minuscole particelle che spesso vengono mangiate dai pesci e che quindi possono arrivare sulle nostre tavole.
Lo studio, pubblicato giovedì 22 marzo 2018 sulla rivista Scientific Reports, ha quantificato l’intera estensione di questa massa di spazzatura chiamata “garbage patch”: è 16 volte più grande di quanto si pensasse e occupa un’area circa quattro volte più grande della California e tre volte la Francia.
Lo studio è stato condotto da un team internazionale di scienziati con la Ocean Cleanup Foundation, un’organizzazione no profit olandese che sta sviluppando sistemi per rimuovere la spazzatura oceanica, e che per visionare l’area di detriti hautilizzato arei e navi.
Laurent Lebreton, l’autore principale della ricerca, ha dichiarato che l’area sta crescendo in maniera esponenziale e il 99,9 per cento di quello che i ricercatori hanno estratto dall’oceano è plastica. Da qui il nome “isola di plastica”.
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“Tra gli oggetti che abbiamo recuperato abbiamo trovato un numero sorprendente di reti da pesca, in plastica, abbandonate”, ha affermato Lebreton. Queste reti da pesca costituivano quasi la metà del peso totale dei detriti.
La spiegazione che i ricercatori hanno attribuito alla scoperta è la vicinanza dell’isola di plastica alle zone di pesca e anche che il materiale da pesca è progettato per il mare e rimane intatto più a lungo rispetto ad altri oggetti.
“Abbiamo trovatoanche alcuni oggetti inaspettati”, ha detto Lebreton. “Giocattoli di plastica, che ho trovato davvero tristi perché potrebbero venire dallo tsunami che c’è stato in Giappone”, ha aggiunto riferendosi al disastro del 2011 che ha disperso milioni di tonnellate di detriti nell’oceano.
La proposta degli ambientalisti
L’area è talmente grande che gli ambientalisti hanno invitato le Nazioni Unite a dichiarare il Great Pacific Garbage Patch un paese, chiamato “The Trash Isles. Hanno anche sollecitato 200mila persone a diventare cittadini dell’isola, il cui sindaco sarebbe dovuto essere l’ex vicepresidente degli Stati Uniti e ambientalista Al Gore.
Il Great Pacific Garbage Patch fu scoperto per la prima volta nel 1997 dall’oceanografo Charles Moore, tornato dalla traversata Transpacific Yacht Race, dalla California alle Hawaii.
Siamo ancora in tempo per agire (forse)
La preoccupazione è che entro pochi decenni i pezzi più grandi di detriti possano trasformarsi in microplastiche, molto più difficili da rimuovere dall’oceano. “È come una bomba a orologeria”, ha dichiarato Joost Dubois, portavoce della fondazione Ocean Cleanup.
La fondazione dice che sarebbe quasi impossibile rimuovere la plastica con metodi tradizionali, come le reti attaccate alle barche. Il gruppo ha sviluppato invece un sistema meccanico che galleggia sull’acqua e concentra le materie plastiche in aree più dense, che possono essere poi raccolte dalle barche e portate a riva per essere raccolte.
L’Ocean Cleanup prevede di lanciare il primo sistema di questo tipo quest’estate da Alameda, in California.