«In certi periodi dell’anno l’aria è davvero irrespirabile. Ci sono giorni in cui c’è un odore acido, pungente, che dà fastidio a naso e gola e che ti entra dentro. Io però mi sono sempre adattato, quando mi allenavo a livelli agonistici correvo tanto e non mi facevo limitare dallo smog, anche perché mi piace moltissimo stare all’aperto, ma ammetto che il respiro era nettamente più complicato da gestire, e infatti duranti i giorni più critici la maggior parte delle persone rimane chiusa in casa, soprattutto nei mesi invernali, quando la nebbia, la foschia o il poco vento non permettono un buon ricircolo dell’aria. Chi può rimandare la spesa o le commissioni non ci pensa due volte, resta all’interno delle abitazioni, perché è ciò che viene consigliato di fare». Gabriele Gregori ha vent’anni, vive e lavora a Cremona, dove è nato. Per andare al McDonald, dove ricopre la posizione di manager, utilizza sempre la bicicletta, anche se tra andata e ritorno ci sono venti chilometri da percorrere. Solo quando la pioggia è incessante decide di prendere la macchina.
Secondo una ricerca condotta da diverse redazioni dello European data journalism network, sotto la direzione di Deutsche Welle, più del 98 per cento della popolazione europea vive in zone dove la concentrazione di particolato sottile nell’aria (PM2,5) e di particolato di dimensioni maggiori (PM10) supera i limiti stabiliti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), ovvero di 5 microgrammi ogni metro cubo di aria. Le zone più inquinate – principalmente a causa dell’uso del carbone per il riscaldamento e della produzione industriale – si trovano nell’Europa centrale e in alcune metropoli, dove il traffico causa emissioni di biossido di azoto. Ma è la Pianura Padana a registrare i valori più elevati. Milano, Cremona e Monza sono le province più inquinate in tutto il continente europeo; parliamo di una regione, la Lombardia, che ospita 10 milioni di cittadini.
I rischi per la salute
Secondo l’Oms, l’inquinamento atmosferico è il principale fattore di rischio per la salute in Europa. Nonostante la crescente consapevolezza del fenomeno e i numerosi sforzi per contrastarlo, la situazione è ancora oggi molto grave. La qualità dell’aria si è notevolmente deteriorata a causa delle attività umane – specialmente quelle legate all’industria, alla produzione di energia, al riscaldamento domestico, all’agricoltura e ai trasporti – che provocano emissioni inquinanti, le quali possono causare gravi malattie. Un’indagine del quotidiano britannico Guardian ha rilevato che la scarsa qualità dell’aria della Pianura Padana era legata a 50.303 morti premature in Italia nel 2020, e che Cremona era la provincia italiana con la più alta percentuale di decessi – tra 150 e 200 per 100 mila residenti – attribuiti al particolato fine.
Dal 2005 al 2020, il numero di morti precoci legate all’inquinamento atmosferico è diminuito del 45 per cento nell’Unione europea. Se questa tendenza continua, l’UE dovrebbe raggiungere l’obiettivo della strategia “Zero pollution vision for 2050″: ridurre del 55 per cento le morti premature legate all’inquinamento atmosferico entro il 2030. Attualmente sono stimati circa 300 mila decessi annui, soltanto a causa del particolato fine, che riesce a penetrare in profondità nel sistema respiratorio e circolatorio umano grazie alle sue dimensioni di pochi millesimi di millimetro. L’esposizione prolungata a questo agente causa danni a molti apparati del corpo e provoca l’insorgere di patologie del sistema centrale e di quello riproduttivo. Nessun organo del corpo umano è infatti immune dagli effetti degli inquinanti; alcuni studi hanno messo in evidenza la correlazione tra valori di PM2,5 elevati ed un aumento di casi di arresto cardiaco, problemi di fertilità, tumori ai polmoni, malattie cardiovascolari. In generale, l’inquinamento dell’aria è particolarmente dannoso per i bambini e gli adolescenti.
Spaventati dagli Ogm
Alberto ha un’azienda agricola in provincia di Cremona: «All’agricoltura è stata attribuita gran parte dell’inquinamento a livello nazionale, soprattutto se parliamo di quella intensiva, ma noi come consorzio del Grana Padano stiamo conducendo studi per capire il reale impatto dell’inquinamento. Ci aggiriamo ad un ordine di grandezza del 7 per cento, non del 35, come spesso viene detto. Le colture che mettiamo infatti, come il mais, assorbono grandi quantità di CO2 e i reflui zootecnici vengono ormai interrati da almeno un paio d’anni, mentre prima venivano sparsi in superficie e c’era esalazione di ammoniaca nell’aria. C’è da dire che siamo costretti ad usare i fitofarmaci – normati e registrati – ma impattanti».
Alberto mi spiega che, secondo lui, uno dei grossi gap che esiste in Italia è il fatto che gli agricoltori non possano usare Ogm rispetto al resto del mondo, perché il nostro Paese è stato designato per “non essere contaminato”: lo hanno mantenuto vergine da Ogm poiché qualora gli organismi dovessero produrre qualche alterazione a livello genetico (non si hanno ancora le prove del fatto che possano creare problemi nell’uomo), le eccellenze agroalimentari rimarrebbero “naturali e pulite”.
«Questa scelta però la paghiamo cara e secondo me andrebbe rivista perché i fitosanitari che siamo costretti ad utilizzare finiscono nelle falde e nell’atmosfera, quando non rimangono aggrappati al mais. Il granoturco deve infatti subire un trattamento contro la piralide e la diabrotica, parassiti che comprometterebbero la produzione del 30-40 per cento. Insomma gli Ogm risolverebbero i problemi agronomici e dell’inquinamento».
Geografia e spazi verdi
Affiancato dalle Alpi e dagli Appennini, lontano dalla costa e con poco vento, abbiamo detto che il territorio è naturalmente incline all’inquinamento. La Pianura Padana è inoltre una regione piena di città e molto popolata, nonché densamente industrializzata, con la conseguente emissione di grandi quantità di sostanze inquinanti nell’atmosfera, che a causa del poco vento, ristagnano e non vengono disperse.
Ma cosa significa vivere quando l’aria è irrespirabile? «Nei paesi adiacenti alle acciaierie spesso le persone rimangono chiuse in casa per giorni a causa del pulviscolo, frutto della ciminiera, e al costante passaggio di veicoli pesanti. C’è un raggio di 10-15 chilometri in cui l’aria è compromessa, ma nella zona in cui vivo io non ci sono problemi di questo genere. Secondo me sarebbe necessario adottare misure che incentivano spazi verdi: quando per esempio si amplia una stalla, vengono imposti determinati parametri, supportati dai Programmi di sviluppo rurali, finanziati dalla regione Lombardia. Ecco, durante le concessioni potrebbero ordinare di piantare alberi o filari di piante, destinare due, tre, cinque ettari a bosco… ma purtroppo queste proposte non vengono prese in considerazione», conclude Alberto.
Futuro incerto
«Mi rendo conto che l’aria nella Pianura Padana è altamente inquinata quando mi sposto e viaggio: sento la differenza perché mentre le narici si allargano e inspiro aria fresca, mi dimentico della sensazione di umidità alla quale sono abituato fin da bambino. Un altro campanello d’allarme è quando non riesco a lasciare le finestre della camera aperte tutto il giorno perché ci sono periodi in cui sono costretto a chiuderle a causa del fetore insopportabile», ci racconta Gabriele, che prosegue: «Spesso mi capita di riflettere su come sarà il futuro e come potrebbe migliorare, ma non ho molte risposte. Credo sia importantissimo educare e istruire, a scuola e in famiglia, informarsi e interessarsi per conoscere il mondo che ci circonda, ma sono consapevole che nelle scuole il tempo è spesso limitato per materie come educazione civica. Sappiamo che i problemi legati all’inquinamento non sono dati dai nostri singoli comportamenti, è un fatto oggettivo. Ma questo non presuppone che da parte nostra non ci debba essere margine di miglioramento. Io ho cominciato a raccogliere rifiuti mentre vivevo il fiume e i boschi vicino casa, poi il progetto si è allargato e ha coinvolto ragazzi da tutta Italia. Non mi reputo attivista, sono un semplice cittadino che ama la natura, quindi cerco di tutelarla e di restituire l’amore che lei mi dà».
Negli ultimi dieci anni, il livello di polveri fini è gradualmente diminuito in Lombardia perché sono state approvate misure che hanno portato miglioramenti, come le restrizioni al traffico o i sistemi di riscaldamento più ecologici. Ci sono stati investimenti da decine di miliardi di euro per incrementare le infrastrutture di mobilità ed enormi sforzi per abbattere le emissioni di CO2 nelle aziende agricole e di allevamento, ma al momento sembra impossibile raggiungere gli obiettivi di qualità dell’aria imposti dall’Unione europea a causa dello svantaggio dovuto alla posizione geografica. Per questo l’Italia è tra i Paesi che spingono per allentare le regole del gruppo.
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