Mentre le inondazioni portate dalla tempesta Harvey hanno colpito il Texas e la Louisiana meridionali, causando la morte di 38 persone e danni per decine di miliardi di dollari, nello stesso periodo aree enormi del Bangladesh, del Nepal e dell’India stanno subendo una catastrofe simile, che ha già fatto oltre 1.200 vittime milioni di sfollati.
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In Asia meridionale, almeno 137 milioni di persone sono a rischio a causa delle forti piogge monsoniche e delle conseguenti inondazioni catastrofiche che hanno colpito tutto il subcontinente indiano e che stanno affliggendo oltre 41 milioni di persone che abitano nelle zone alluvionate.
Quanti sono i morti e i danni nel 2017?
Secondo la Croce Rossa internazionale, almeno 950 mila case sono state distrutte dopo essere state sommerse dall’inaspettato flusso d’acqua caduto su queste zone negli ultimi giorni.
Secondo Save the Children, le devastanti inondazioni hanno anche distrutto o danneggiato oltre 18 mila scuole: circa 1,8 milioni di bambini non possono al momento ricevere un’istruzione.
Le piogge hanno devastato un’ampia area che ha superato le montagne dell’Himalaya tra il Bangladesh, il Nepal, l’India e la Cina meridionale, causando frane e danni alle infrastrutture viarie, a quelle energetiche e distruggendo vasti campi di terreni agricoli.
La Federazione internazionale delle società di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa (Ifrc) afferma che quella in corso è la quinta inondazione che quest’anno ha colpito la regione. Queste piogge torrenziali hanno causato oltre 7,4 milioni di sfollati in Bangladesh, danneggiando o distruggendo oltre 697 mila case.
Le piogge hanno poi ucciso almeno 514 persone nello stato settentrionale indiano del Bihar, dove 17,1 milioni di persone hanno dovuto far fronte a un’inaspettata ondata di precipitazioni. Inoltre, nel nord dello stato settentrionale indiano dell’Uttar Pradesh, circa 2,5 milioni di persone sono state colpite dalle piogge torrenziali e il numero di morti è salito a 109.
L’Ifrc ha poi rivelato come le frane che hanno afflitto il Nepal hanno ucciso oltre 100 persone. La stessa istituzione ha lanciato un appello alla comunità internazionale per dare sostegno ai 200mila sfollati che necessitano di aiuto immediato a causa della mancanza di acqua potabile e della carenza di infrastrutture sanitarie e rifugi adeguati.
I paesi coinvolti – in particolare il Bangladesh, uno degli stati più poveri del mondo – non sono in grado da soli di far fronte alla situazione.
In India, le strade di Mumbai si sono trasformate in fiumi quando le forti piogge monsoniche hanno colpito la capitale finanziaria dell’India. Il 29 agosto, la città ha ricevuto quasi 13 centimetri di pioggia, paralizzando i trasporti pubblici e lasciando a piedi migliaia di pendolari e di dipendenti bloccati nei propri uffici durante la notte.
Nel frattempo, le precipitazioni hanno superato l’Himalaya e raggiunto la Cina meridionale, dove nel solo mese di luglio oltre 12 milioni di persone sono state costrette a fuggire dalle piogge torrenziali, mentre le alluvioni che hanno colpito la regione sono state le peggiori degli ultimi anni.
Nella sola provincia meridionale dello Jiangxi, le inondazioni hanno causato almeno 430 milioni di dollari di danni. Nella vicina provincia dello Hunan invece, oltre 53 mila case sono state distrutte, inondando un’area che risulta ancora in parte allagata.
E in passato?
Mentre i media occidentali sono concentrati in particolare sui danni causati dall’uragano Harvey negli Stati Uniti, centinaia di milioni di persone rischiano la vita nei paesi in via di sviluppo dell’Asia meridionale.
Secondo una ricerca pubblicata dalla Global Water Foundation, questa area è la più umida del continente asiatico e una delle regioni più piovose del mondo, ricevendo una media di almeno un metro di precipitazioni ogni anno.
L’Asian Development Bank, istituita nel 1966 per promuovere lo sviluppo delle nazioni asiatiche e dell’area del Pacifico, in uno studio del 2012 sostiene che, mentre l’intensità delle piogge sta aumentando, oltre 137 milioni di persone che vivono tra India, Bangladesh, Nepal e Cina sono esposte al rischio di subire alluvioni catastrofiche.
Questo dato è il più alto nel mondo ed è superiore al numero di persone esposte al medesimo rischio nel resto del continente asiatico. Secondo le statistiche raccolte dall’Università cattolica di Lovanio, dal 1950 al 2017, oltre 2,2 milioni di persone sono state uccise dalle inondazioni che hanno colpito questi paesi.
Il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (Ipcc), la principale autorità mondiale in materia di cambiamento climatico, nella sua ultima relazione ha detto che l’Asia meridionale aveva già subito enormi perdite economiche a causa di questi disastri naturali.
Questo risultato mostra che oltre un quarto dei danni economici provocati in tutto il mondo da piogge torrenziali, tempeste, frane e alluvioni colpisce India, Nepal, Bangladesh e Cina. Quasi ogni anno, nell’ultimo decennio, oltre mille persone sono morte in questi paesi per le inondazioni.
I bacini idrici della regione
Il problema si concentra intorno ai tre più grandi fiumi della regione: il Gange, il Brahmaputra e lo Yangtze, che nascono tutti da cime himalayane.
Circa 800 milioni di persone, tra cui il 50 per cento della popolazione di India e Bangladesh e il 25 per cento dei cittadini cinesi, vivono nei pressi di questi tre corsi d’acqua. Considerati insieme, i tre fiumi rappresentano il principale sostentamento per il 14 per cento circa della popolazione di una regione che comprende India, Nepal, Bangladesh e Bhutan.
Solo in Cina, l’enorme pianura agricola dove scorre lo Yangtze produce circa il 40 per cento del Pil del dragone cinese. “Molte città asiatiche sono state costruite nel delta di grandi fiumi dove enormi porti collegano queste aree urbane al resto del mondo”, si può leggere in una relazione del 2012 della Asian Development Bank.
Quando le forti piogge che colpiscono queste pianure alluvionali affluiscono in questi fiumi, i livelli dell’acqua aumentano drammaticamente e si riversano nelle città e nelle aree urbane circostanti.
Secondo una guida pubblicata dalla Banca mondiale, l’inondazione delle aree urbane causa più vittime e danni proprio perché le acque non hanno uno sbocco naturale per disperdersi e così creano maggiore distruzione di quella che l’alluvione arrecherebbe se colpisse delle zone agricole.
La maggior parte dell’urbanizzazione di questi paesi è infatti avvenuta per lo più senza una chiara e ragionata pianificazione urbanistica. Questo comporta che le zone urbane colpite non presentino adeguate infrastrutture di drenaggio degli scarichi che possano far fronte a questi eventi meteorologici.
Sovrappopolazione e infrastrutture
Naturalmente il grande afflusso dalle campagne alle città dell’Asia meridionale verificatosi negli ultimi cinquant’anni non aiuta a risolvere la situazione, perché queste aree urbane si espandono sempre più e sempre più in fretta, a danno di pianure alluvionali. Così il suolo non riesce ad assorbire l’enorme quantità di acqua riversata dalle piogge torrenziali su queste regioni.
Secondo la Banca mondiale, mentre nel 1960 solo il 16 per cento della popolazione cinese viveva in grandi città, nel 2016 questa percentuale supera il 57 per cento.
Nello stesso periodo, l’India ha quasi raddoppiato la dimensione della propria popolazione urbana, con il 33 per cento dei cittadini indiani che vivono in grandi aree urbane rispetto al 18 per cento che vi risiedevano all’inizio degli anni Sessanta.
In Pakistan la popolazione urbana è invece passata dal 22 per cento del 1960 al 39 per cento del 2016, mentre in Bangladesh i residenti delle grandi città sono aumentati dal 5 per cento della popolazione all’inizio degli anni Sessanta al 35 per cento del 2016.
Le aree di drenaggio naturale, quelle a maggiore presenza di spazi verdi e di zone umide, sono stati ricoperti da un paesaggio urbano artificiale inadeguato ad assorbire la quantità d’acqua riversata dalle pesanti piogge che colpiscono queste città.
Il problema è che queste precipitazioni si stanno intensificando. Negli ultimi anni, Mumbai, Shanghai, Hanoi, Pechino, Phnom Penh e ogni grande città dell’Asia meridionale ha subito una grande inondazione.
Secondo gli esperti delle Nazioni Unite però, è tutta una questione politica. Le autorità delle grandi città asiatiche che ogni anno vengono colpite da ormai ciclici disastri naturali hanno due opzioni: l’implementazione di infrastrutture fisiche che facciano defluire l’acqua e misure di prevenzione per evitare allagamenti e frane.
Queste misure non sono certo economiche. Uno studio nel 2010 ha infatti rivelato che questo tipo di misure costerebbero al solo Bangladesh oltre 2,6 miliardi di dollari.
Tuttavia, gli esperti suggeriscono che misure meramente locali non saranno sufficienti a impedire altre inondazioni. Non solo le città e i paesi coinvolti dovranno agire per migliorare le infrastrutture idriche, fognarie e stradali, ma anche coordinarsi tra loro per affrontare un problema che assume i contorni di una catastrofe che colpisce la regione periodicamente.
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