Greta Thunberg “non è il verbo”, ma meglio essere lei piuttosto che far parte della “nuova egemonia culturale dei cattivisti, che provano un fastidio quasi fisico per qualunque manifestazione del bene”.
È quanto scrive nella sua rubrica quotidiana sul Corriere della Sera Massimo Gramellini. L’editorialista è così intervenuto sulle polemiche che, in queste settimane, si sono accese attorno alla figura della 16enne svedese, icona della battaglia contro i cambiamenti climatici.
“Ce l’hanno tutti con Greta – scrive Gramellini – la giovane ecologista scandinava nel cui nome, venerdì scorso, milioni di ragazzi hanno bigiato la scuola. Greta che pretende di farci mangiare a chilometro zero e poi compra le banane. Greta manipolata dalle lobby verdi. Greta fantoccio dei suoi genitori avidi di denaro. Greta che, ha detto qualcuno, se non fosse malata la prenderei sotto con la macchina”.
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L’editorialista del Corriere afferma di non condividere del tutto il pensiero di Greta, perché i cambiamenti climatici sono da ascrivere non solo alle élite ma anche al popolo. In diversi casi sono anzi state le élite, secondo Gramellini, a portare avanti istanze ambientaliste nonostante l’opposizione popolare.
Ciò non toglie che, a parere del giornalista, sia rivoltante vedere come questa vicenda abbia risvegliati gli istinti cattivisti di chi considera gli esseri umani “un impasto di pulsioni basiche e pensieri molesti”.
“L’idealismo non è contemplato. Chiunque osi abbracciare un sogno o evocare un sentimento è ingenuo o in malafede. Da lui si pretendono una coerenza assoluta e una vita da anacoreta, altrimenti va subito affogato in un mare di cinismo. Non so perché lo facciano, ma preferirei essere Greta che uno di loro”, conclude Gramellini.