Era il 1973 quando il brevetto per le bottiglie in PET fu acquisito da un ingegnere americano. Da allora il largo consumo ha portato a una situazione insostenibile, con isole di plastica fluttuanti nell’oceano Pacifico. È possibile porre rimedio a questo disastro ambientale? Come si è potuta creare una tale emergenza nell’arco di poche decadi?
L’azienda tedesca TradeMachines ha realizzato un’infografica che analizza il business dell’acqua in bottiglia, cercando di far luce sulla sua effettiva necessità e su molti punti ancora poco conosciuti circa il suo impatto ambientale (tanto nella produzione di PET che nel suo smaltimento).
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Tra i dati più allarmanti c’è il primato europeo dell’Italia per consumo di acqua in bottiglia pro capite: dato ancora più sconcertante se paragonato alla qualità dell’acqua sgorgante dal rubinetto (che deve sottostare a normative molto più rigide rispetto all’acqua in bottiglia).
A cosa si deve questa preferenza? A buone strategie di marketing da parte dei grandi brand o al radicato mito che l’acqua corrente sia nociva? Le infografiche: