Anche le patatine fritte del Belgio, una delle cose di cui il paese è più fiero, sono in pericolo per via del caldo record dell’estate 2018.
Fritte in un olio animale simile allo strutto, tagliate grosse e vendute in un “fritkot”, il chiosco tipico (o, talvolta, una piccola roulotte) belga, le patatine sono uno dei simboli culinari assoluti del Paese, insieme alle gauffre.
I belgi vorrebbero addirittura questa golosa ricetta come patrimonio dell’umanità dall’Unesco, anche per chiudere una volta per tutte l’annosa questione della paternità delle patatine fritte, contesa con la vicina Francia.
Ora, però, il problema è un altro: l’ondata di caldo straordinaria che ha colto di sorpresa l’Europa quest’estate è stata fatale per i campi di patate del Belgio.
Il primo raccolto di patate di quest’anno si è ridotto di un terzo rispetto alla media degli ultimi anni. E, se non ci saranno delle piogge sostanziose nelle prossime settimane, i raccolti di settembre e ottobre potrebbero essere ancora più scarni.
Una carestia che non impatta soltanto il quantitativo di patate raccolte ma anche la loro taglia e la qualità. Se, infatti, le bucce delle patate raccolte in autunno saranno troppo dure, non saranno utili per le macchine sbuccianti utilizzate dai fabbricanti di patatine.
Per questo, il prezzo della patata bitje, ovvero la varietà usata tradizionalmente per le frites (o freiten, come le chiamano nella regione delle Fiandre), è già in aumento. Di questo passo, il goloso snack belga diventerà presto piuttosto costoso.
Nel 2017, secondo il segretario generale di Belgapom, il più grande produttore di patate del Belgio, una tonnellata di patate costava all’incirca 25 euro per via della florida agricoltura del Paese. Quest’anno, i prezzi oscillano tra i 250 e i 300 euro a tonnellata.
Bernard Lefévre, il presidente dell’Unafri-Navafri, l’associazione di proprietari di bancarelle che vengono frites in Belgio, ha commentato la carestia in un’intervista a Politico.
“È la prima volta che i belgi pregano che arrivi più pioggia. Le patatine sono essenziali, vitali. Fanno parte della nostra cultura. Sono più di un prodotto: sono un simbolo del Belgio”, ha spiegato.
Il Paese nel frattempo ha richiesto i fondi per le emergenze dell’Unione Europea per far fronte ai danni causati dalla siccità, che ha avuto un impatto particolarmente preoccupante sul nord delle Fiandre.
Anche nel resto d’Europa la situazione portata dal caldo è preoccupante: si parla del 2018 come del quarto anno più caldo della storia.
Due terzi della Francia sono stati messi in allarme per l’ondata di caldo in arrivo, mentre quattro reattori nucleari hanno dovuto ridurre la propria produzione per evitare di surriscaldare l’acqua.
Nel Regno Unito si sono verificate quasi 700 morti più della media nei quindici giorni di ondata di calore straordinaria che ha colpito le isole britanniche tra il 25 giugno e il 9 luglio.
In Italia, sembra che le mucche stiano producendo fino al 15 per cento di latte in meno per via dell’erba troppo secca. Secondo gli ultimi dati, soltanto a Roma sarebbero morte oltre 7mila persone per via del caldo a partire dal 2000.
Friedrike Otto, vicedirettrice dell’University of Oxford Environmental Change Institute, dice che dobbiamo rassegnarci: “Ciò che una volta era considerato un clima insolitamente caldo sarà la norma – anzi, in molti casi, lo è già”.