L’Antartide ha un problema con la plastica, Greenpeace ha infatti trovato tracce di fibre artificiali utilizzate per confezionare vestiti, imballaggi, pentole e scatole per pizza.
Anche la remota natura dell’Antartico non è più immune dall’inquinamento umano.
Sono stati analizzati campioni di acqua e neve dall’Antartide e sono stati trovate minuscole fibre di plastica e tracce di sostanze chimiche industriali, secondo un nuovo rapporto del gruppo di difesa ambientale Greenpeace.
I risultati sono successivi allo studio dello scorso anno dove erano stati analizzati i campioni di fibre di plastica trovati nelle acque dell’Antartide.
In quest’ultima ricerca sono state trovate quantità maggiori di scarti di materiali artificiali di plastica che fanno escludere il fatto che siano scarti prodotti dai locali, vale a dire dalle stazioni di ricerca.
Lo studio di Greenpeace ha raccolto campioni da diverse parti della regione, comprese le parti remote del continente, per i test.
Prima di questi risultati i ricercatori credevano che le correnti oceaniche potessero proteggere l’Antartide dall’inquinamento creato dagli esseri umani a basse latitudini, creando una sorta di zona cuscinetto.
Le concentrazioni dei contaminanti potrebbero non essere abbastanza grandi per essere considerate dannose per l’ecosistema locale adesso.
Ma l’ubiquità della contaminazione della plastica, dall’acqua del rubinetto al punto più profondo del mondo dell’oceano fino all’Antartide, è allarmante.
Alcuni scienziati ritengono che la plastica abbia danneggiato permanentemente la Terra.
Durante un viaggio di tre mesi, i ricercatori di Greenpeace hanno scoperto che tutti e otto i campioni di acqua di mare contenevano fibre artificiali.
Le fibre trovate includevano il poliestere, comunemente usato nei vestiti, e il polipropilene, che viene applicato al confezionamento e alla produzione elettrica.
I ricercatori di Greenpeace hanno anche esaminato la neve: tra i nove campioni raccolti, sette contenevano sostanze alchilate polifluorurate, o PFA, che le persone usano per fabbricare pentole e scatole per pizza.
I PFA sono sostanze chimiche tossiche che si degradano molto lentamente e possono accumularsi negli organismi viventi.
Potrebbero essere arrivate in Antartide con l’aiuto delle correnti oceaniche, ha notato il rapporto.
“Potremmo pensare all’Antartide come a una natura remota e incontaminata, ma dall’inquinamento e dai cambiamenti climatici alla pesca industriale dei krill, l’impronta dell’umanità è chiara”, ha detto Frida Bengtsson, una ricercatrice di Greenpeace.